Una bambina di 3 anni è stata abusata dallo zio, a cui era stata affidata dalla mamma mentre si trovava a lavoro. La donna è riuscita a ricostruire, partendo dalla vicenda della figlia, una lunga serie di violenze che aveva subito anche lei dal parente, nascoste dalla famiglia.
Prima la sorella, poi la nipotina. Una violenza che un uomo ha protratto per anni nella stessa famiglia di origine, protetto e libero di poter danneggiare due sue parenti perché il fatto di per sé era talmente grave da essere inverosimile. Non per le vittime però che hanno trovato la forza di rivivere il trauma e portarlo in un’aula di Tribunale. È la storia di una madre di famiglia che ha scoperto come la sua bambina, di 3 anni, fosse violentato dallo zio, lo stesso che anni addietro aveva abusato anche di lei, sorella di sangue.
Abusa della sorella e poi della nipotina di tre anni: “Anche zio mi tocca così”
La donna è riuscita a raccontare tutto dopo aver scoperto che la bambina era stata toccata dallo zio nelle parti intime. “Anche zio mi tocca così”, avrebbe detto la piccola mentre la mamma le metteva della crema tra le gambe. Un fatto inequivocabile che ha spinto la donna a vederci chiaro. Si è così rivolta a un’associazione specializzata, dove una psicologa l’ha supportata e consigliata di esporre formale denuncia alle autorità. Ed è stato proprio al cospetto dei carabinieri che la donna ha ricostruito il suo traumatico passato, raccontando che il fratello, fin da bambina, si sarebbe infilato nel suo letto per toccarla. Ad aggravare il fatto, sembra che la famiglia fosse al corrente della situazione ma che, forse per incredulità, non abbia mai voluto aiutare la donna. Una scelta che ha però ferito tanto lei, quanto la figlia di 3 anni, entrambe vittime di abusi dallo stesso uomo.
Dopo la testimonianza in aula di tribunale ieri, 18 gennaio, a Roma, adesso saranno i gip a valutare i fatti. Anche se gli avvocati dell’uomo hanno scelto il rito abbreviato, che consente di beneficiare dello sconto di pena, non ci saranno più scuse con cui sottrarsi all’iter della giustizia.