Sulla contestata vicenda riguardante lo spostamento della salma del Maestro Giacomo Manzù prende la parola il sindaco di Ardea Mario Savarese, che fa chiarezza insieme al Vice Prefetto Dionisi, Commissario ad acta. “All’ombra de’ cipressi e dentro l’urne Confortate di pianto è forse il sonno Della morte men duro? – esordisce il Primo Cittadino – Consentitemi di citare Ugo Foscolo, che meglio di ogni altro oggi aiuta ad esprimere il mio pensiero in una vicenda che mi ha comportato sofferenza e incertezza. Discutere oggi dei resti mortali di un grande artista qual è Giacomo Manzù è riduttivo e ci allontana dal ricordarci, piuttosto, dell’immenso dono di se che ha lasciato a questi luoghi che tanto amava. ‘Qual fia ristoro a’ dì perduti un sasso Che distingua le mie dalle infinite
Ossa che in terra e in mar semina morte?’ Quale consolazione sarà per i miei giorni perduti una lapide che distingua le mie ossa dalle infinite altre ossa che la morte sparge sia per terra che per mare? Non vive ei forse anche sotterra, quando Gli sarà muta l’armonia del giorno, Se può destarla con soavi cure Nella mente de’ suoi? Egli non vive, forse, anche sottoterra, quando l’attrattiva della vita gli sarà impercettibile, se potrà risvegliarla, attraverso il pietoso culto dei morti, nella mente dei suoi cari? Così Foscolo pone domande retoriche al suo amico Ippolito Pindemonte, affermando poi, quasi a contraddire la sua prima natura materialista, l’importanza del sepolcro quale mezzo che ci riavvicini all’estinto e ne conservi viva la memoria. Giacomo Manzù non è un poeta, è uno scultore; non ci sarà mai per lui sepolcro più sontuoso di una sua opera che ce ne mantenga presente il ricordo. Non c’è emozione più grande che si possa provare ammirando una della 461 opere custodite per noi nel museo che lui stesso, in vita, ci volle donare. Manzù è, e resterà sempre, nelle sue opere. Giacomo amava così tanto le sue opere da desirare di poter rimanere anche dopo la morte nel luogo in cui più di ogni altro lui stesso vi entrava in simbiosi: il suo laboratorio situato nei pressi della casa un cui viveva, in quel colle che, con un pizzico di orgoglio, chiamava “colle Manzù”. Così scriveva letteralmente nel suo testamento:
“Alla mia morte desidero essere sepolto nel terreno circostante la casa ove attualmente abito in Ardea, Colle Manzù n.1”.
La sua volontà non fu completamente rispettata quando i suoi amici di allora, Giulio Andreotti e il Cardinale De Donatis, in accordo con la moglie Ingeborg Katharina Schabel, collocarono la salma nel sepolcro appositamente realizzato, vicino alle sue opere, in quello che è l’attuale Museo Manzù. Tant’è che la moglie stessa nel suo testamento scrive:
“Giacomo ha donato il Museo allo Stato Italiano, ma io ho paura che un giorno lontano la Galleria Nazionale D’Arte Moderna decida di trasferire le opere dal Museo Manzù a Roma, la salma di mio marito Giacomo deve essere trasferita alla Fondazione Giacomo Manzù sul Colle Manzù”.
Inequivocabilmente anche Inge, sebbene avesse acconsentito a conservare le spoglie del marito Giacomo nel giardinino del museo, ribadisce la volontà da lui espressa nel proprio testamento. E di seguito scrive:
“Per me sarebbe un grande onore, se un domani dovessi lasciare questo mondo, di essere sepolta insieme al mio adorato Giacomo, per tutta l’eternità”.
Unire i coniugi rispondendo anche all’altro desiderio della propria madre che scrive:
“Desidero inoltre che i miei figli Giulia e Mileto lavorino e salvino il nome di Giacomo Manzù e che sia rispettata e onorata la sua opera per sempre”.
E’ quanto gli eredi hanno chiesto al Sindaco della città che ospita i resti del loro padre. Inge è deceduta il 6 maggio 2018 e i le sue ceneri attendono l’amato Giacomo proprio nella sede della fondazione da lei fortemente voluta.
Quando Giulia e Mileto Manzoni mi hanno chiesto, dopo aver già ottenuto un parere favorevole dalla Direzione Regionale del Lazio per i Beni Culturali, di poter traslare la salma del maestro per poterla cremare e collocarne le ceneri alla fondazione accanto alla moglie, sono rimasto sorpreso e colto da imbarazzo.
Ero perfettamente conscio di quanto questa richiesta non sarebbe stata minimamente accolta con favore dalla comunità ardeatina.
Ho chiesto, com’è giusto che fosse, che gli uffici si esprimessero sulla richiesta, e gli uffici, con una lettera che io stesso doverosamente ho controfirmato, si espressero con un parere sostanzialmente contrario alla cremazione, sottolineando il fatto che il nostro Ente non era competente ad esprimersi in merito alla richiesta in quanto Giacomo Manzù era in vita cittadino residente nel comune di Aprilia.
Quando a seguito della negazione gli eredi sono ricorsi in giudizio e il TAR ha risposto in sentenza in maniera inequivocabile che la competenza sulla sul rilascio dei permessi è a carico del sindaco del comune che ospita i resti del maestro e che allo stesso si richiedeva una decisione da prendere “in punto di diritto”, ho francamento compreso di essere stato incastrato tra due fuochi da cui era impossibile salvarmi.
Non potevo non tenere conto dell’interesse diffuso rappresentato dalle associazioni che da quasi trent’anni e più sono vicine al compianto maestro ed alla memoria che ne deriva attraverso la valorizzazione delle sue opere, del museo, e del suo stesso sepolcro.
Né potevo non tenere conto delle indicazioni datemi unanimemente da Consiglio Comunale espresso attraverso la mozione presentata dai rappresentanti democraticamente espressi dall’intera cittadinanza.
Sebbene lo avessi sollecitato, un intervento della Presidenza della Repubblica, verso la quale ho invocato copia del tanto nominato Decreto del Presidente che autorizzava o addirittura ordinava la sepoltura di Manzù presso il museo, non ho mai ricevuto risposta. Ricerche condotte direttamente negli archivi della Presidenza e negli annali di Cossiga e di Scalfaro, non riportano l’esistenza di tale decreto.
Sono ricorso dunque al Ministero dei Beni Culturali; dapprima rivolgendomi al Ministro Alberto Bonisoli e successivamente al Ministro Dario Franceschini, ma anche in questo caso senza ottenere né aiuto né risposte. Invero mi è arrivata per altre vie la risposta che il Ministero dei Beni Culturali rende agli uffici della Presidenza della Repubblica che sul caso l’interrogavano:
“Le spoglie, sebbene conservate nella tomba all’interno del perimetro del Museo Manzù, non costituiscono, in sé, un bene culturale e, quindi, non sono sottoposte alla disciplina del decreto legislativo n. 42 del 2001, recante il Codice dei beni culturali e del paesaggio” e si rappresenta che la “Direzione generale, perciò, non ha competenza in merito alla decisione sul luogo in esse debbano essere depositate”.
Avrei dovuto dunque rispondere “in punto di diritto” concedendo l’autorizzazione richiesta dagli eredi, ma ho sentito prevalente il mio dovere di rappresentare in primis la cittadinanza esprimendo un parere “in punto di fatto”, ossia tenendo conto dell’interesse collettivo: Ho negato l’autorizzazione richiesta.
Non può tuttavia un sindaco decidere “contra legem” con un negozio giuridico concluso in violazione palese delle leggi vigenti e che pertanto è nullo. Non sono a questo punto stupito dalla decisione del Commissario ad Acta Viceprefetto Dionisi, che onestamente non poteva andare in altra direzione.
Rattristato dalla contrarietà che tutta la vicenda ha suscitato nei confronti di chi oggi si sente tradito e perfino defraudato di un diritto dalla conclusione a cui siamo oggi giunti, voglio con forza ribadire che nulla è stato tolto alla nostra città: il bene più grande, il ricordo più forte e tangibile di Giacomo Manzù è, e resterà sempre, nelle sue opere amorevolmente esposte nel Museo della nostra Ardea”.
DICHIARAZIONE DEL VICE PREFETTO Dr. DIONISI – COMMISSARIO AD ACTA
“Il mandato affidatomi dal T.A.R. del Lazio” – esordisce il Vice Prefetto Dionisi – “è stato quello di emettere una decisione giuridica, basata esclusivamente sulle norme che disciplinano la materia, e in particolare su quelle contenute nel Regolamento di Polizia Mortuaria”.
“In base al dettato normativo vigente – ha precisato Dionisi – l’interesse privato espressione del diritto personale alla scelta del luogo e delle modalità di trattamento del corpo del defunto prevale sugli interessi pubblici, in questo caso espressi chiaramente dal Sindaco a tutela del patrimonio della comunità ardeatina”.
“Ho riscontrato, sia nel Sindaco che nei figli del Maestro, una forte volontà di collaborazione per valorizzare ulteriormente il patrimonio culturale ardeatino legato al genio artistico di Manzù – ha concluso Dionisi – e per consentire alla comunità locale di continuare ad onorarne la memoria in virtù della nuova collocazione delle sue spoglie così prossima a quella di attuale sepoltura”.