Al vaglio del Consiglio dei ministri il decreto legge e un ddl che riformeranno la sanità italiana.
Una riforma nella sanità italiana bolle in pentola, ancora non è stata varata, ma già emergono le prime incertezze dalle Regioni. All’ordine del giorno durante la riunione del Consiglio dei ministri di stamane c’è stata l’assunzione del personale sanitario, oggi insufficiente rispetto alle esigenze del Paese, e la questione delle liste d’attesa. Due temi che necessitano una copertura finanziaria che andrà però ragionata, stabilendo nelle prossime ore anche le risorse effettive e quelle che potrebbero essere impiegate.
Riforma della sanità, Schillaci: “Alcune misure operative già dopo il Consiglio dei ministri”
Le prime indiscrezioni arrivano direttamente dal ministro della Salute, Orazio Schillaci, che intervenendo a “5 minuti” di Vespa su Rai1, ha spiegato già ieri sera che alcune misure inerenti al sistema sanitario potrebbero entrare in vigore già dopo il Consiglio dei ministri tenutosi martedì 4 giugno.
Dalla riunione che i tecnici del ministero hanno avuto con le Regioni, è emerso che per riformare il settore dovranno essere emessi due provvedimenti: un decreto legge e un disegno di legge. Il secondo testo, in particolare, conterrà gli aspetti più operativi della riforma, come la copertura finanziaria necessaria per attuare le misure. Tra queste per esempio c’è l’assunzione del personale sanitario, con un aumento dal 10 al 15%, ma soprattutto le risorse necessarie per risolvere l’annosa questione delle liste di attesa.
Non sono chiare però come saranno disposte le coperture finanziarie per attualizzare i due provvedimenti. Dal ministero parlano di una “privatizzazione” del settore, ha spiegato Raffaele Donini, assessore alla salute dell’Emilia-Romagna e coordinatore della commissione salute della Conferenza delle Regioni all’Ansa, “ma non sappiamo come si declinerebbe”. Tra le proposte in discussione si parla per esempio di un Cup unico nazionale per le prenotazioni e di rafforzare i poteri di Agenas, un ispettorato generale di controllo sull’assistenza sanitaria.
Cup unico nazionale e maggiori poteri all’Agenas
Stando alla prima bozza del decreto legge, in approvazione domani mercoledì 5 giugno, il monitoraggio delle liste d’attesa sarebbe affidato ad Agenas. Il testo del decreto, composto da 7 articoli riguardanti le liste d’attesa, prevede al punto 1 che sia istituita presso Agenas “una piattaforma nazionale per le liste d’attesa con l’obiettivo di disporre per la prima volta di un monitoraggio puntuale e reale dei tempi di erogazione delle prestazioni sanitarie”, scrive Il Sole 24Ore, garantendo uno scorrimento delle visite e una maggior efficacia nel sistema di prenotazioni.
Mentre all’articolo 3 si definisce “l’obbligo di un Cup unico regionale o infraregionale con tutte le prestazioni disponibili del pubblico e del privato convenzionato”, inoltre, per quanto riguarda i rapporti con le aziende sanitarie “si prevede la nullità del contratto con il privato accreditato che non provveda a inserire le prestazioni nei Cup pubblici (deve essere collegato e interoperabile)”.
De Luca: “Non ci sono soldi per le liste d’attesa e nemmeno il personale”
Per il ministro della Salute Schillaci, quella al vaglio del Cdm è un evento “epocale, mai avvenuto prima in 20 anni”, come spiegato a “5 minuti”. Un passo indietro ai clamori, però, ci sono anche molti dubbi, come quelli espressi da Vincenzo De Luca ad Arzano: “Sulle liste di attesa si stanno inventando una frottola propagandistica. Erano partiti la settimana scorsa annunciando un grande progetto. E i soldi? I soldi non ci sono. Ci vorrebbero 4 miliardi e mezzo di euro per abbattere le liste di attese ma non hanno nemmeno 300 milioni di euro. Manca anche il personale“.
Dubbi arrivano anche da Giovanni Migliore, presidente della Federazione delle aziende ospedaliere (Fiaso) a Skytg24, per cui “Per raggiungere questo obiettivo serve un nuovo sistema di monitoraggio e servono nuove strutture dove investire le risorse”.
Per Schillaci l’obiettivo ultimo del decreto legge e del disegno di legge su cui in queste ore è impegnato il Cdm è garantire ai cittadini migliori prestazioni nei tempi giusti. Per questo motivo se non venissero erogate nei tempi previsti dalle vigenti classi di priorità, la riforma prevede che le aziende sanitarie garantiscano al cittadino la prestazione in intramoenia o attraverso il privato accreditato. Schillaci ha precisato comunque che “non sarà possibile per una struttura effettuare più prestazioni in intramoenia che nel Ssn”. Le modalità, definite con decreto del ministro delle Salute, sarebbero adottate entro 60 giorni dall’entrata in vigore della legge di conversione del decreto.