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Sequestrata per due anni in un maneggio vicino Roma, la vittima: “Botte e abusi sessuali”

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“Di Roze mi ero innamorata, partimmo in macchina dalla Germania per l’Italia. Lui era molto più grande di me, io avevo 17 anni. A mia madre non piaceva, mi diceva che era una cattiva persona. Scappammo e lui mi portò in un agriturismo vicino Roma dove lavorava. Invece sono finita a vivere da sola, rinchiusa nella camera da letto del maneggio. Potevo mangiare una sola volta al giorno, poi le botte, le violenze, subite anche dal cugino e le sigarette spente addosso”.

Segregata e violentata in un maneggio per due anni, ricostruito l’incubo di una 17enne nel processo

Il racconto al giudice della ragazza squestrata per due anni in un maneggio vicino Roma

L’edizione online de Il Messaggero riporta il racconto di una ragazza al giudice. La giovane ha lasciato l’Italia, ora vive in Spagna ma quei ricordi sono una ferita indelebile nell’anima. Gli inquirenti mettono a verbale, parola dopo parola, le violenze e le vessazioni subite. I calci allo stomaco e gli schiaffi. Le sigarette spente sulle gambe. E poi le violenze.

Era stata segregata in una stanza in un agriturismo, con annesso ranch, dove lavoravano due stallieri. Un incubo durato circa due anni prima che qualcuno si accorgesse della sua presenza. I due uomini – un 29enne e un 38enne – le avevano rotto il cellulare e vietato ogni contato esterno. La ragazza poteva uscire solo accompagnata da uno di loro.

Le parole della ragazza

“Una volta Yasir torna a casa e abbiamo avuto un rapporto. Roze si è arrabbiato e mi ha picchiata. Altre volte mi ha spento le sigarette sulle gambe. Io gridavo. Mi chiusero in camera da letto e Yasir prese le chiavi”. In quei due anni spiega di avere «perso molto peso, mangiavo solo la sera. A mia madre dicevo che stavo bene, ma lei non ci credeva e una volta al maneggio chiamò l’ambasciata tedesca. Anche a loro dissi che andava tutto bene. Mentre uno mi stringeva la gola pretendendo rapporti, l’altro mi dava pugni allo stomaco e schiaffi sul viso”, ricorda. “Una sera mi hanno violentato ancora una volta e a quel punto ho detto basta”.

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