Deve essere stato un qualche sottile meccanismo di rimozione freudiana a far credere ai ricercatore che si trattasse di un ”oggetto per cucire” di oltre 2.000 anni fa. Una rimozione bella forte, un Super Io molto sviluppato, dal momento che l’oggetto, in sé, non poteva lasciare margine di errore all’interpretazione: un pene, finto ovviamente, usato per scaricare la tensione anche in età classica.
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Il primo Sex Toy dell’antica Roma, scambiato per un oggetto da cucito
Un Sex Toy, volendo essere tecnici, ed usare un lessema specifico, di oltre 2000 anni. Per la precisione, l’unico sex toy romano a grandezza naturale conosciuto, almeno fino a quando qualche altro oggetto per cucire non cambierà la sua categoria di appartenenza. Ora, gli archeologi si sono schiariti le idee e non hanno alcun dubbio in merito che sia proprio questa la funzione del fallo di Vindolanda, rinvenuto nel 1992 a Northumberland, al confine tra l’Inghilterra e la Scozia. Al massimo, seconda opzione, potrebbe trattarsi di un pestello a forma di pene eretto, oppure un porta fortuna di buon auspicio. Ma anche in questi casi, il meccanismo di rimozione potrebbe fare la sua comparsa.
La scoperta e la re-intepretazione del fallo di Vindolanda
Quel che è sicuro, è che comunque non si tratta di uno strumento per rammendare o per cucire. Mettiamoci una pietra sopra, con buona pace di tutti i moralisti. Anche nell’età classica c’era tempo per giocare, e farlo in modo eccitante. Come Rob Collins, docente senior di archeologia dell’Università di Newcastle, ha detto: ”Devo confessare che una parte di me pensa che sia abbastanza ovvio che si tratti di un pene. Non so chi l’abbia inserito nel catalogo. Forse qualcuno non si sentiva a proprio agio o non pensava che i Romani avrebbero fatto cose così sciocche”. Che poi, non per contraddire il Professore, ma perché la masturbazione dovrebbe essere una cosa sciocca? Ancora rimozione? Il prof. è stato onesto quando ha detto che ”forse qualcuno non si sentiva a proprio agio”. Perché gli scatti dell’oggetto non lasciano margine di dubbio, sebbene, è doveroso ammetterlo, i falli fossero presenti ovunque nel mondo romano: nei mosaici, negli affreschi, nelle decorazioni di vasi o nei pendenti portati al collo.
La lunghezza del fallo
E ora tocchiamo un altro tasto ”sensibile” per la psicoanalisi: la lunghezza. Il fallo di Vindolanda, infatti, oggi è lungo 16 centimetri, ma c’è chi è già accorso in sua difesa, dichiarando che al tempo era probabilmente più grande, e che il legno è soggetto a restringersi e deformarsi. Ad ogni modo, l’oggetto, esaminato dai ricercatori dell’Università di Newcastle e dell’University College di Dublino, è stato trovato in un fosso insieme a decine di scarpe e accessori per abiti, oltre a diversi utensili e prodotti dell’artigianato dell’epoca. Probabilmente, tale contesto di ritrovamento è stato fuorviante, e ha portato i colleghi dell’altro secolo a catalogarlo come strumento per rammendare. Insomma, una cosa è chiara: non hanno applicato il rasoio di Occam, come spesso accade nelle grandi scienze, e cioè che spesso la risposta più chiara e semplice è anche quella vera.
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