Era iniziato tutto come un ‘gioco’ per poi trasformarsi in un vero e proprio business in grado di far fruttare alle giovani protagoniste di questa vicenda tanti soldi. Vendevano il loro corpo, si prostituivano per comperarsi accessori all’ultima moda, borse e scarpe griffate e cellulari di ultima generazione.
Siamo sul litorale romano, da Ostia ad Infernetto. Protagoniste della vicenda quattro ragazze, tutte aventi un’età compresa tra i 18 ed i 20 anni. A tirare le fila del ‘gioco’ un loro amico, un ex compagno di classe nonché fidanzato di una di loro.
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Il fiorente giro di affari
Se le ragazze offrivano il loro corpo, l’amico ci metteva le amicizie procurando loro i clienti, tutti selezionati accuratamente. Un clandestino giro di affari, da svolgersi rigorosamente all’oscuro dei genitori, accampando scuse ogni qual volta gli stessi chiedessero spiegazioni in merito alla serata trascorsa oppure al luogo nel quale si fosse passata la notte.
In poco tempo questo business era diventato un fiorente giro di affari: professionisti ed imprenditori bussavano alla porta ed in soli 12 mesi il ‘gioco’ è andato avanti a gonfie vele.
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L’accusa
Adesso però i giochi sono finiti. Sfruttamento della prostituzione. Questa l’accusa della quale dovrà rispondere l’amico delle quattro ragazze. Nonostante fossero consenzienti, il ventenne si serviva delle amiche incassando la metà dei soldi a patto che la persona che si incontrasse fosse un tipo a posto.
Resta adesso da capire se il giovane avesse o meno manipolate le ragazze. Attualmente non sembra essere così, dietro questa vicenda sembra esserci piuttosto un patto per guadagnare reciprocamente.
Gli incontri
Gli incontri avvenivano in due hotel al centro di Roma e anche di giorno. Poteva inoltre capitare che fosse lo stesso 20enne a mettere a disposizione la propria casa all’Infernetto. Generalmente gli uomini che arrivavano erano sempre sopra i 40 anni e per un incontro erano pronti a pagare tra i 400 e i 500 euro.
Non sono mancati i problemi tra le ragazze e i clienti ma il loro ‘manager’ le monitorava anche attraverso una app sul telefono che gli permetteva di geolocalizzarle quando erano insieme ai clienti.
Immagine di repertorio
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