Una donna di 40 anni rischia una condanna a tre anni di reclusione per estorsione. Ha provato infatti a spillare 300mila euro all’amante della madre, un ricco imprenditore della Roma bene, minacciando di inviare a chiunque conoscesse la coppia video e foto hard. Il diabolico piano non ha però funzionato. La vittima ha preferito pagare il prezzo della confessione alla moglie anziché farsi ricattare.
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Donne 40enne rischia un processo per estorsione
Per provare la colpevolezza dell’imputata, il pm Marcello Cascini ha sottolineato come l’iban indicato per accreditare la somma sia riconducibile al suo conto corrente. La donna però ha respisto qualsiasi accusa davanti al gup: “Io non ho ricattato mai nessuno, non è mia la voce al telefono. E poi, quale ricattatore è così stupido da indicare gli estremi del proprio conto corrente?”, ha detto la donna.
Dopo queste dichiarazioni, il giudice ha disposto una consulenza fonica sugli audio dei ricatti per accertare se la voce registrata è dell’imputata. Il presunto ricatto – secondo l’accusa – sarebbe iniziato nel maggio del 2021, quando la donna, spulciando nel pc di famiglia, ha trovato un video hot. Ha riconosciuto il protagonista, l’imprenditore che ha talvolta visto insieme alla madre.
L’uomo è proprietario di una clinica molto nota a Roma Nord. Secondo la ricostruzione del pubblico ministero, quindi, avrebbe preferito pagare una somma consistente, invece che andare incontro a uno scandalo. Così, la donna ha utilizzato un telefono riconducibile a uno straniero per contattare il facoltoso imprenditore.
La ricostruzione dei fatti
E da lì sarebbe iniziato il ricatto: “O mi dai 300mila euro oppure spedisco il video a chiunque“. L’uomo prende tempo. Nelle successive chiamate la voce femminile ha indicato anche un iban su cui accreditare la somma. Niente. L’imprenditore non cede. La presunta ricattatrice allora spedisce il video su WhatsApp della moglie tradita. A quel punto l’imprenditore è alle strette. E per risolvere la situazione controversa, sceglie di denunciare la donna che ritiene la regista del ricatto.
A indurlo in questa direzione, la coincidenza dell’iban. Inoltre lui i video li ha spediti solo alla madre dell’imputata, quando anni prima ha avuto con lei una breve relazione. Chi altro potrebbe essere in possesso di quel materiale? L’imputata, però ha respinto le accuse, sostenendo che nessuno sarebbe così stupido da usare per un ricatto il proprio iban.