Roma. Le parole del papà del neonato morto al Pertini, in corsia, nella notte tra il 7 e l’8 gennaio scorso, sono parole di dolore, ma anche di accusa: ”La mia compagna era sfinita da 17 ore di travaglio, dopo il parto le hanno subito portato il piccolo a letto, in reparto, per l’allattamento e hanno anche preteso che fosse lei a cambiarle il pannolino. Ha chiesto più volte che nostro figlio fosse portato al nido per poter riposare qualche ora, ma il personale dell’ospedale ha sempre detto di no. È crollata, quando ha riaperto gli occhi nostro figlio non c’era più, lo avevano già portato via”.
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L’accusa del papà: ”La mia compagna era stanca, non l’hanno ascoltata”
E così, il papà continua il suo racconto, descrivendo le ultime ore di vita del figlio, forse schiacciato dal corpo della madre, la quale era crollata dalla stanchezza a seguito del parto. Come accade sempre in questi casi però, a stabilire le reali cause della morte del piccolo, sarà solamente l’autopsia che verrà condotta sul corpo del neonato. In tutto questo, però, il papà 36enne, un libero professionista abruzzese, compagno della 29enne romana, è distrutto e lacerato dal dolore. In una sua recente intervista al Messaggero decide di raccontare tutte le anomalie nella gestione delle prime 48 ore post parto. La prima cosa che sottolineava con quella intervista è il fatto che la 29enne aveva chiesto agli infermieri di portare per qualche ora il figlio al nido in maniera tale da poter riposare. A quella richiesta, però, a quanto pare, nessuno aveva risposto o dato ascolto. Il giovane papà era riuscito a stringere suo figlio tra le braccia per sole due volte.
”Mi ha detto di correre lì, ma mio figlio non c’era già più”
Poi, quando si è verificata la tragedia, l’uomo non si trovava in ospedale. Come lui stesso ha raccontato: ”È stata la mia compagna a chiamarmi al telefono – dice – mi ha detto di correre lì, ma mio figlio non c’era già più”. Ora, i pm di Piazzale Clodio hanno aperto un fascicolo di indagine, e la polizia ha già acquisito la cartella clinica dell’ospedale. Bisogna chiarire e ricostruire chiaramente tutta la dinamica. Una cosa sembra essere abbastanza certa: il Rooming, cioè la possibilità per la neomamma di tenere con sé il figlio in stanza non è una scelta obbligata, ma del tutto facoltativa. In ogni caso, però, dopo l’allattamento il piccolo deve essere rimesso nella culla in stanza. Stando al protocollo di sicurezza, non è previsto che i bambini restino a letto con le madri.
”Perché altre tragedie simili non accadano più”
Secondo il padre, qualcosa non ha funzionato come doveva, a partono le accuse e la volontà di chiarezza: ”Perché altre tragedie simili non accadano più”. Infine, il direttore sanitario del Pertini Giuseppe Gambale fa sapere di aver fornito agli inquirenti “tutto ciò che era a nostra disposizione per fare piena luce sull’accaduto”.
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