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Roma, manda un selfie al fidanzatino italiano: coppia di musulmani tenta di uccidere la figlia 17enne

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ragazza

“O ti ammazzi, o lo facciamo noi”: questa la minaccia di due genitori verso la figlia minorenne colpevole, secondo loro, di essere troppo “libertina”, o meglio troppo “occidentale”. È la storia di Shaila, figlia di una coppia originaria del Bangladesh, picchiata, insultata e vessata continuamente dai genitori perché la ragazza, cresciuta a Roma, non voleva adattarsi a vivere secondo le usanze dell’islamismo più radicale.

Fino a quando il padre, intorno alle 3 di una notte di marzo del 2017, scopre sua figlia Shaila, 17enne, al telefono mentre sta mandando una foto al fidanzatino. Una foto innocente, ma giudicata troppo osé dal genitore che, brandendo un coltello e cercando con l’aiuto della moglie di strapparle il cellulare di mano, le ha detto: “Non abbiamo bisogno di una figlia come te. O ti ammazzi, o lo facciamo noi”.

La ragazza riesce a proteggersi con un cuscino, ma i due genitori non demordono, la accerchiano, le avvolgono un foulard attorno al collo, le tappano la bocca e la immobilizzano, poi iniziano a darle calci e pugni fino a quando la 17enne non cede il cellulare. Ma prima le arriva anche un tentativo di morso sulla spalla da parte di sua madre, che riesce però solo a graffiarla sulla schiena.
Una volta impossessatosi del telefono, il padre le chiede la password. Vuole vedere i messaggi e le foto che la ragazza manda al fidanzatino ventenne che vive fuori Roma. Un ragazzo che non hanno scelto loro, una cosa che non accettano e che li fa andare su tutte le furie.

Le botte “convincono” Shaila a fornire la password ai genitori, che iniziano a vedere i messaggi e le foto, intollerabili per i due ferventi musulmani. Comprendendo di essere in pericolo di vita, la ragazza riesce ad approfittare di un momento di distrazione dei genitori per fuggire in strada.

È ormai quasi l’alba, la ragazza è in strada disperata quando viene vista da una pattuglia dei carabinieri. I militari ascoltano il suo racconto, vedono i segni sul suo corpo, la portano al pronto soccorso dell’ospedale San Filippo Neri, dove i medici le diagnosticano 20 giorni di prognosi per le ferite e le ecchimosi riportate a causa delle botte prese dai genitori.
Gli uomini dell’Arma vanno a casa della ragazza, dove trovano il cuscino lacerato dal coltello usato dal padre e il foulard con cui volevano strozzarla. La ragazza viene posta sotto protezione e allontanata dalla famiglia che volava “raddrizzarla”.

In questi giorni i genitori sono sotto processo per maltrattamento in famiglia e lesioni. Giovedì a Piazzale Clodio si è aperta la prima udienza contro il padre di 45 anni e la madre di 39, alla presenza del pm d’aula Andrea Beccia.
Per Shaila l’incubo è finito appena in tempo, prima di diventare l’ennesima tragedia.

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