“Mai più come per Lisa”. Una manifestazione per ricordare la ragazza in questione, morta a 17 anni dopo un trapianto di organi. Per avere la piena verità sul decesso della giovane adolescente, è partita da tempo una battaglia legale. Inoltre, familiari e cittadini si sono dati appuntamento davanti la sede dell’Ospedale Bambino Gesù, ovvero la struttura sanitaria dove l’adolescente spirò nel 2020.
La manifestazione a Roma di “Mai più come per Lisa”
La manifestazione si è svolta, vedendo ampia partecipazione. Tutti hanno voluto rendere omaggio alla memoria della giovane Lisa Federico, morta nel novembre 2020 dopo un trapianto di midollo osseo presso l’Ospedale Bambino Gesù. Tante le associazioni e le persone che hanno voluto ricordare la giovane, oltre poi a ribadire la necessità di una “giustizia e una sanità giusta”, soprattutto nelle vicende analoghe a questa particolare storia.
Il padre di Lisa: “Per chiedere la verità, i Carabinieri hanno perquisito casa nostra”
Sulle pagine de La Repubblica, Maurizio Federico – papà di Lisa – racconta degli sviluppi giudiziari che fanno riflettere. In merito, dichiara: “Questo, però è un giorno particolare, non nel senso che si aspetterebbero quanti si sono visti portare via una figlia a seguito di un episodio di malasanità; è un giorno particolare perché, di fronte alla nostra domanda di verità e giustizia per Lisa e del ripristino di una Sanità al servizio di tutti a partire dagli ultimi, dobbiamo raccontare che martedì scorso, poco dopo l’alba, mia moglie Margherita e io, in casa nostra, abbiamo subito una perquisizione da parte di cinque carabinieri”.
“Denunciato dal Primario di Oncoematologia del Bambino Gesù”
Se il fatto non fosse già singolare, le parole di Maurizio Federico raccontano ancora: “I meccanismi attraverso i quali si è giunti a questa intimidazione non sono ancora del tutto noti ma si sa che io sarei stato denunciato per minacce e diffamazione nei confronti del primario dell’Oncoematologia del Bambino Gesù, Franco Locatelli, come ho potuto solo sbirciare su un foglio in possesso dei carabinieri, perché avrei fatto uso di un’applicazione di posta elettronica capace di rendere anonime le email, la nobody@dizum.com, di cui ho sentito parlare per la prima volta soltanto quando i militari dell’Arma — corretti e gentilissimi — ci hanno fatto visita prima di tornare sui loro passi senza aver trovato nulla”.