Non accettava la fine della loro relazione e pur di convincerla a tornare insieme a lui non si è fatto scrupoli a ricorrere a pesanti minacce coinvolgendo nella faccenda anche amici e familiari. Un incubo per la ragazza, una giovane che vive nella zona di Labaro, iniziato subito dopo la fine della loro storia durata all’incirca quattro anni. Una vicenda, purtroppo, che ricalca un copione visto e rivisto tante altre volte e che in alcuni casi è sfociato in situazioni estreme.
La storia
Per l’uomo – trasformatosi da compagno di vita al peggiore incubo della ragazza – adesso è stato richiesto il rinvio a giudizio, come vi avevamo spiegato anche in questo precedente articolo. E’ accusato di stalking aggravato: le minacce viaggiavano con ogni canale a sua disposizione, dai social, Instagram (tanto che la ragazza è stata costretto a bloccarlo), alle chat, con messaggi inquietanti su Whatsapp, fino alle telefonate che arrivavano in ogni momento della giornata. E non solo a lei. L’uomo, un 23enne di Roma, si sarebbe rivolto anche alla cerchia di amici della ragazza – chiedendo informazioni sui suoi spostamenti – e perfino ai suoi genitori.
“Ti sparo”
Agli atti, sulla base dei quali ora il GUP dovrà esprimersi in merito alla richiesta di rinvio a Giudizio, figurerebbero alcune frasi dal contenuto impossibile da equivocare. A riportare la storia è stamani il Messaggero. “Sei una s.., vengo sotto casa tua e faccio un macello”, è uno dei tanti messaggi intimidatori inviati alla giovane. Per il PM lo stalker “la chiamava insistentemente al cellulare fino a costringerla a rispondere”. Poi il 20 giugno del 2020 (periodo a cui si riferisce la storia) il culmine della violenza verbale: “Ti punto la pistola alla gola e ti sparo, ora vengo dove abiti e ti traumatizzo. Io a te non ti tocco ma uccido i tuoi genitori“. Un episodio che ha spinto la ragazza di Roma nord a denunciare tutto.
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Verso il processo
Cosa accadrà adesso? La Procura ha formulato la richiesta di processo con ipotizzando a carico del giovane il reato di stalking aggravato. La ragazza, a causa del suo comportamento, sarebbe finita, si legge ancora tra gli incartamenti del caso, “un perdurante e grave stato di ansia nonché una preoccupazione fondata per la propria incolumità”. La linea difensiva è però diametralmente opposta: “Dopo quattro anni di relazione senza problemi è inverosimile credere che la parte offesa possa temere per la propria incolumità. Adesso ci penserà il dibattimento a fare chiarezza“, spiega il legale difensore citato dal quotidiano romano.
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