Sono sempre di più i ragazzini, spesso minorenni, che decidono di farla finita. Che pensano al suicidio, che si auto-lesionano, che vedono nella fine dell’esistenza quasi una via di fuga. Annoiati, stanchi, senza stimoli, in una realtà sempre in bianco e nero. Negli ultimi 10 anni gli accessi per ideazione suicidaria o tentato suicidio al Bambino Gesù di Roma sono cresciuti esponenzialmente, con aumento in particolare del 75% nei 2 anni della pandemia rispetto al biennio precedente. Quasi un caso ogni giorno. E la situazione resta allarmante.
Perché sempre più giovani tentano il suicidio
Come ha fatto sapere l’ospedale pediatrico di Roma, numerosi studi scientifici documentano che l’incidenza del suicidio e la prevalenza dei comportamenti suicidari è aumentata sia in alcuni paesi europei, quindi anche in Italia, che negli USA, soprattutto tra gli adolescenti. Alla base di sarebbe un aumento dei disturbi dell’umore, la depressione grave. Che porta poi a un’unica strada: suicidarsi.
Con la pandemia, purtroppo, la situazione è peggiorata: a livello internazionale, nel 2021 la prevalenza dei casi di depressione e disturbi d’ansia risulta raddoppiata. «L’identificazione precoce con diagnosi accurate e il trattamento della depressione – sottolinea il prof. Stefano Vicari, responsabile di Neuropsichiatria dell’Infanzia e dell’Adolescenza del Bambino Gesù – sono interventi preventivi di primaria importanza per ridurre il rischio di suicidio tra i più giovani».
I dati a Roma
Nell’ultimo decennio, il numero delle consulenze neuropsichiatriche al pronto soccorso del Dipartimento di Emergenza, Accettazione e Pediatria Generale del Bambino Gesù è aumentato di 11 volte, passando da 155 casi a 1.824. In particolare sono aumentate di quasi 40 volte (da 12 a 449 casi) le consulenze effettuate in urgenza per ideazione suicidaria, tentativo di suicidio e comportamenti autolesivi nei giovani di età compresa tra i 9 e i 17 anni. Tutti ragazzi nel pieno della vita, che invece fanno di tutto per distruggerla. E distruggersi.
Il Covid ha peggiorato la situazione
Le misure restrittive durante la pandemia se da una parte sono servite per frenare i contagi, dall’altra hanno avuto un impatto non certo positivo sui giovani. Chiusi in casa, intrappolati nelle loro paure. Nel biennio precedente (2018-19) gli accessi al pronto soccorso per ideazione suicidaria, tentativo di suicidio e autolesionismo erano stati 464. Nel 2020 e 2021 sono diventati 752, con un aumento di oltre il 60%. Se si considera solo il suicidio, ideato o tentato, l’incremento dei casi rispetto al biennio precedente supera il 75%. Negli ultimi 2 anni i casi di ideazione suicidaria sono stati 477 (+88% rispetto al 2018-19), i tentativi di suicidio 172 (+50%) e i comportamenti autolesivi 103 (+8%). Oltre l’80% dei tentativi di suicido è messo in atto da bambine e ragazze: l’età media di chi tenta di togliersi la vita è di circa 15 anni, il più giovane ha 9 anni.
E sono aumentati, purtroppo, anche i ricoveri in Neuropsichiatria, che sono passati da 338 nel 2019 a 492 nel 2021 con un aumento del 45%. In particolare le ospedalizzazioni in Neuropsichiatria per autolesionismo sono passate dal 30 a oltre il 60% del totale.
Come chiedere aiuto
Per rispondere alle richieste di aiuto dei più giovani e delle loro famiglie, la struttura di Neuropsichiatria dell’Infanzia e dell’Adolescenza del Bambino Gesù ha predisposto un percorso clinico di alta assistenza per l’autolesionismo e la prevenzione del suicidio in età evolutiva. Il servizio, attivato in collaborazione con varie ASL della Regione Lazio, favorisce il graduale passaggio dei pazienti critici dall’Ospedale ai Centri di assistenza neuropsichiatrica dell’infanzia e dell’adolescenza del territorio per garantire la continuità terapeutica. Il Servizio del Bambino Gesù è integrato da una linea telefonica “Lucy” 06.6859.2265 per le consulenze psicologiche urgenti, attiva tutti i giorni 24 ore su 24.
«La depressione e i disturbi d’ansia tra i giovanissimi sono in aumento esponenziale da anni. La pandemia ha solo accentuato il fenomeno» aggiunge il prof. Vicari. «L’emergenza che investe i nostri ragazzi si combatte destinando maggiori risorse agli strumenti di prevenzione e di promozione della salute mentale. A cominciare dalla scuola, intesa come luogo che coltiva relazioni positive, alle strutture sul territorio perché siano in grado di intercettare il disagio e siano di supporto alle famiglie. Il suggerimento per i genitori è di offrire tempo ai propri figli, di porre attenzione ai segnali di malessere e, se ci sono cambiamenti nel comportamento, chiedere aiuto senza timore. Le malattie mentali, se affrontate nei tempi giusti, hanno un’alta probabilità di guarigione».