Condannato a sei mesi di reclusione un vigilantes romano che adesso dovrà rispondere di violenza privata. La guardia giurata nel tentativo di aiutare la compagna che stava divorziando ma che non riusciva a trovare un accordo economico con l’ex, ha pensato bene di escogitare tutto un sistema per incutergli pressioni così da farle ottenere un assegno di mantenimento più alto. Ma le cose non sono andate secondo il piano da lui architettato.
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Si finge carabiniere per aiutare la compagna che stava divorziando
La prima volta l’uomo, condannato per violenza privata dal tribunale monocratico di Roma lo scorso mercoledì, si è presentato nell’esercizio commerciale dell’ex marito della sua compagnia prima con una tuta mimetica e poi, altre due volte, spacciandosi per un carabiniere, con tanto di distintivo e pistola di ordinanza. L’obiettivo era quello di incutere pressioni sull’uomo al fine di far ottenere alla donna un assegno di mantenimento più alto. I fatti risalgono al 2017, nei mesi di ottobre e novembre.
Le minacce
In questa circostanza, l’uomo – con fare minaccioso – si era presentato tre volte nel negozio della vittima. La prima indossando una divisa mimetica, lo stemma dell’Arma dei Carabinieri appeso al collo la pistola di ordinanza – una Glock calibro 9x 21, legalmente detenuta in quanto vigilantes. La seconda volta è tornato nell’esercizio commerciale della vittima in abiti civili ma sempre esibendo lo stemma dell’Arma ed in particolare, aveva preso in prestito il distintivo del padre carabiniere. In questa circostanza l’uomo avrebbe poi minacciato la vittima di sottoporlo ad accertamenti fiscali e che avesse già in mano tutta la documentazione necessaria. Poi, non pago, l’uomo si era recato ancora una volta nell’esercizio commerciale in questione e scattando foto all’interno e all’esterno della struttura, sotto gli occhi dei presenti. Inoltre, alla richiesta di andare via da parte della vittima l’uomo aveva minacciosamente risposto: ‘Posso fare ciò che voglio’.
La sentenza
Adesso però i suoi giochi sono finiti e l’uomo, lo scorso mercoledì, è stato condannato a sei mesi di reclusione con l’accusa di violenza privata. Imputato anche per aver omesso di denunciare alla polizia il nuovo luogo in cui deteneva la pistola e le 50 cartucce, poi trovate nell’abitazione della compagna. Per questo reato però l’uomo è stato prosciolto in quanto prescritto.