Roma. Lo scultore ed artista di fama internazionale Jago aveva deciso di omaggiare la Capitale con una delle sue grandiose raffigurazioni solide, il cui titolo era forse una premonizione di quello che sarebbe accaduto in seguito.
L’opera che lo scultore aveva installato proprio sul Ponte Sant’Angelo si chiamava In flagella paratus sum, ovvero “Sono pronto al flagello”. Un nome fortissimo, tratto direttamente dal Salmo 37.
Distrutta la scultura di Jago su Ponte Sant’Angelo
Ad ogni modo, quando si parla della statua, il tempo passato è d’obbligo, dal momento che a seguito di un serio danneggiamento – l’ennesimo – la polizia ha dovuto rimuoverla da dove si trovava. Di fatto, l’opera è stata vandalizzata e distrutta da anonimi, anche perché posizionata in una zona di passaggio e accessibile a tutti.
Ma forse, non è solo vandalismo. Forse, più che la goliardia era il messaggio di fondo contenuto nell’opera ad aver innescato la sua distruzione.
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Un simbolo forse non gradito
La figura era un simbolo forte e chiaro: il corpo straziato di un naufrago disteso su di un fianco. Tanto basta per farne intendere la portata simbolica. Di fatto, proprio come per tanti migranti veri, la statua aveva navigato in lungo e in largo per il Mediterraneo, a bordo della nave Ocean King.
Il lungo viaggio del naufrago
Infine, era sbarcata a Roma: dapprima presso lo Stadio Olimpico, poi a partire dal 5 agosto scorso era approdata nel centralissimo ponte tra Castel Sant’Angelo. Ma pare che neppure per una raffigurazione ci sia pace.
Neppure nel centralissimo salotto cittadino delle Capitale, dove gli angeli fanno la guardia da secoli in quelle strade. Dopo l’esposizione in stile street art, l’obiettivo dell’artista era metterla all’asta, così che il ricavato andasse a Sos Mediterranee.
Foto in copertina di @saldrug on Instagram