Scattata la sentenza dei giudici della seconda sezione penale che riconosce l’articolo 416 bis, giunge a poca distanza anche la convalida degli arresti: 9 gli affiliati al clan Casamonica rimasti fino a oggi in libertà e rintracciati dai carabinieri.
Consegnati nelle mani della giustizia, a conclusione del maxiprocesso per cui il clan Casamonica è riconosciuto come associazione di stampo mafioso. A poche ore dalla sentenza, pronunciata il 16 gennaio 2024 dalla Corte Suprema di Cassazione, i carabinieri del Nucleo Investigativo di Frascati hanno rintracciato e tradotto in carcere 9 persone collegate alla famiglia malavitosa romana e rimaste fino a ora in libertà. Tra i capi di accusa a vario titolo, figurano il reato di intestazione fittizia, usura, estorsione e spaccio di sostanze stupefacenti.
Confermata la sentenza della Corte d’Appello: il clan Casamonica è mafia
Le catture sono scattate a seguito dalla sentenza emessa dalla Corte Suprema di Cassazione. La seconda sezione penale ha esaminato il ricorso proposto da 35 imputati il 29 novembre 2022. A chiusura del maxiprocesso, la Corte d’appello di Roma ha comunque confermato l’impianto accusatorio della Direzione Distrettuale Antimafia che ha permesso di riconoscere l’articolo 416-bis per il “clan Casamonica”. Una sentenza storica, che permette di riconoscere il clan come associazione mafiosa operante nella zona Appia – Tuscolano, nel quadrante Sud-est di Roma.
Solo dopo la sentenza, pronunciata appunto il 16 gennaio, è stato possibile per la Procura Generale incaricare i carabinieri del Nucleo Investigativo di Frascati per la cattura dei 9 soggetti affiliati al clan Casamonica, i quali erano in libertà o ristretti in regime di arresti domiciliari presso le rispettive abitazioni.
Domenico Casamonica condannato a 30 anni per mafia
La condanna più aspra riguarda Domenico Casamonica, ai vertici del clan romano. La prima sentenza sul clan Casamonica risale al 20 settembre 2021, con cui scattarono 44 condanne per un totale di oltre 400 anni di carcere. Quella definitiva arriva però dopo le operazioni dei carabinieri del Comando provinciale di Roma nell’ambito dell’indagine “Gramignà”, coordinata dal magistrato Michele Prestipino e dai sostituti procuratori Giovanni Musarò e Stefano Luciani. La sentenza del 2021 permise di configurare e identificare l’esistenza di un’attività criminale strutturata, impegnata nello spaccio di stupefacenti, con modalità tipiche delle associazioni mafiose. Fu confermato inoltre l’esistenza di reati di stampo mafioso, che poi sono state confermate dall’ultima sentenza dei giudici della Corte di appello di Roma.