La protesta ecologista arriva all’Altare della Patria a Roma, tra i simboli più importanti dell’orgoglio italiano, ma non se si parla delle responsabilità del Paese in tema di ambiente. La mattina del 9 luglio alcuni attivisti di Extinction Rebellion hanno appeso uno grande striscione sull’Altare della Patria, per denunciare i finanziamenti del governo italiano all’industria dei combustibili fossili, responsabile più di ogni altro settore dell’attuale emergenza climatica. “Basta vittime climatiche sull’altare del profitto: no al fossile”, si legge infatti sullo striscione. Di fronte allo stupore dei presenti, le Forze dell’Ordine sono intervenute quanto prima per interrompere la protesta e hanno trascinato via di peso gli attivisti. Al momento tutti gli attivisti si trovano tutti in questura.
Le motivazioni della protesta: “L’attuale Governo italiano spende oltre 41.8 miliardi di euro in nuovi sussidi ambientalmente dannosi”
Ancora una volta gli ambientalisti di Extinction Rebellion cercano di smuovere le coscienze sulle responsabilità dell’Italia nell’industria italiana sulla questione ambientale. “Nonostante l’Italia si fosse impegnata con il patto di Glasgow a interrompere i finanziamenti pubblici al settore dei combustibili fossili a partire dalla fine del 2022”, spiegano in una nota gli attivisti, “L’attuale governo italiano ha deciso di continuare lungo questa strada di sangue con oltre 41.8 miliardi di euro in nuovi sussidi ambientalmente dannosi, 13 dei quali investiti direttamente nell’industria fossile” afferma Dario, uno degli attivisti coinvolti. Le Forze dell’ordine sono intervenute dopo circa mezz’ora, trascinando e strattonando gli attivisti nonostante le catene. Secondo quanto raccontato dai manifestanti, durante le colluttazioni, sarebbero sopraggiunti anche degli ematomi.
Una protesta per risvegliare le coscienze sul surriscaldamento globale
È proprio sui simboli delle città d’Italia, tra cui l’Altare della Patria, luogo in cui si celebrano l’Unità d’Italia e le vittime dei conflitti mondiali del Novecento, che Extinction Rebellion ha scelto oggi di portare l’attenzione sulle inevitabili vittime, presenti e future, dell’emergenza climatica. L’obiettivo è quello di “denunciare la politica cittadina, regionale e nazionale, che non accenna a cambiare rotta nonostante i repentini cambiamenti che ci attendono nei prossimi anni”. “Chiediamo al governo di ascoltare la scienza e invertire immediatamente la rotta, mettendo in atto misure radicali ed efficaci per contrastare la crisi in atto”, concludono.
Secondo i dati analizzati dai Centri nazionali per la previsione ambientale (NCEP) del Servizio meteorologico nazionale del governo degli Stati Uniti, il 3 luglio era stato annunciato come il giorno più caldo mai registrato sulla Terra, con una temperatura globale media di 17.01°C. Nei giorni successivi, tuttavia, la temperatura globale della Terra ha continuato a salire bruciando tre record consecutivi. L’Italia, in particolare, è uno dei paesi europei che subiscono più di tutti le conseguenze della crisi climatica ed ecologica, con aumenti della temperatura più del doppio rispetto alla media globale. Il territorio nazionale è infatti in media più caldo di 3°C rispetto al periodo preindustriale, riscaldamento che potrebbe superare i 5°C medi entro la fine del decennio, con picchi estremamente più alti nelle città. “Nonostante questa situazione inquietante, l‘Italia continua ad essere il sesto Paese al mondo per investimenti nell’industria dei combustibili fossili”, ribadisce Dario, facendo riferimento al rapporto di Legambiente e Recommon.
Azioni di disobbedienza in tutta Italia
La protesta si inserisce in una mobilitazione nazione che Extinction Rebellion sta portando avanti in tutta Italia. Nelle settimane scorse, infatti, altre azioni di disobbedienza civile sono state effettuate a Bologna (in cui centinaia di attivisti avevano bloccato un tratto tangenziale-autostrada per manifestare contro la costruzione del Passante) e a Venezia, Genova, Milano e Treviso con sit-in, striscioni e sangue finto. Questa mattina, a Udine, un altro gruppo di attivisti ha bendato numerose statue della città e appeso su di esse dei cartelli con scritto “Emergenza in corso, apriamo gli occhi sulla crisi climatica”. “Siamo in emergenza climatica e non possiamo più permetterci di chiudere gli occhi, accettando che molte delle persone che stanno cercando di far emergere questa dura verità, vengano ridicolizzate e denigrate”, dichiara Tommaso, attivista di Udine.