Roma. La crisi, se non risolta, genera altra crisi. Ed è quello che sta accadendo in Italia, da anni ormai. Dopo il Covid, ora l’inflazione e l’impennata dei costi per i consumi – con l’aumento delle materie prime – stanno mettendo all’angolo i titolari di bar e ristoranti.
La ristorazione si prepara ai rincari d’autunno
Davanti alla nuova emergenza, ecco che bisogna mettere mano ai prezzi del menù. E pare che non ci siano alternative possibili dinanzi ad una situazione simile. A sottolinearlo, ancora una volta, è Claudio Pica, presidente della Fiepet-Confesercenti che ha di recente rilasciato delle dichiarazioni al Messaggero.
Nessuna alternativa
”Non ci sono alternative in questo momento. Stiamo cercando di adottare una linea comune per i rincari perché sarà complicato anche per i romani” – queste le parole d’esordio. Pare proprio che i costi aumenteranno a partire da settembre, e in tutto il settore della ristorazione soprattutto. Il caffè al bar aumenterà dai 10 ai 20 centesimi, così come anche i primi al ristorante, che costeranno circa 2,50 euro in più. La pizza, invece, si stima potrà aumentare di almeno 1,50 euro.
E, se da una parte ”i prezzi saranno comunque calmierati – dall’altra, invece – ”con il caro bollette non ci sono alternative. I titolari stanno già facendo fronte ai costi dei consumi raddoppiati” aggiunge il presidente Pica. Come hanno segnalato, infatti, dallo scorso luglio il costo dei consumi è raddoppiato.
Leggi anche: Crisi di governo, cosa succede al reddito di cittadinanza: le ultime novità
Gli aumenti stimanti
Parlando in generale, l’associazione di categoria ha stimato che un pasto al ristorante o in pizzeria costerà fino al 15% in più. Ma non è tutto: in autunno, ulteriore stangata per chi vorrà consumare all’esterno, per i quali gli esercenti stanno pensando ad una tassa fissa da accreditare.
Certo, perché dopo il Covid i clienti preferiscono consumare all’esterno, ma ciò comporta ulteriori costi: ”la preferenza è di consumare il pasto all’esterno, sulle pedane che riscaldiamo con le bombole e illuminiamo con le lampade alogene”.
Olio, pasta e verdura in aumento
Si tratta, come è evidente, dell’ennesima stangata. Sì, perché già nel marzo scorso, come registra anche l’Istat, gli aumenti complessivi sono stati del 6,7 per cento per cibi e bevande. Sulla cima della graduatoria: oli di semi seguiti dalla verdura fresca, con i prezzi in salita del 17,8%, di poco davanti al burro (+17,4%). Con i primi rincari – a doppia cifra – anche per la pasta che ha segnato il +13%, così come per i frutti di mare (+10,8%) e farina (+10%). Aumenti causati dal costo dell’inflazione e dallo scoppio della guerra in Ucraina.
La crisi dopo la crisi
La via è una sola: per mantenere le attività a galla bisogna aumentare i prezzi. Anche perché, questo non bisogna dimenticarlo, stavamo appena uscendo dalla crisi pandemica e negli scorsi anni avevamo già subito delle perdite pesanti. Il settore è in ripresa, ma i colpi degli ultimi mesi hanno compromesso ulteriormente una rapida inversione del senso di marcia.