Gli italiani stanno per compiere un anno di “convivenza” con il Coronavirus e, traendo le somme, le problematiche che ha creato sono decisamente tante. A molti verrà in mente la crisi economica che affligge la Nazione, ad altri le persone che hanno perso la vita, ma anche il suicidio è uno degli effetti da Covid.
Si parla di ‘suicidio da pandemia’ e al 90% riguarda i giovanissimi; a lanciare l’allarme è Stefano Vicari, primario dell’unità operativa complessa di Neuropsichiatria dell’infanzia e dell’adolescenza del Bambin Gesù di Roma.
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I suicidi da pandemia: i genitori possono aiutare
Un anno chiusi in casa, un anno esposti al mondo di Internet (e non solo per le lezioni), un anno di rinunce e di crescite precoci: un anno in cui il tasso di suicidi è aumentato del 30%. Vicari specifica che le ‘vittime’ hanno tra i 12 e i 18 anni, sono adolescenti ancora bambini, ma già marcati letteralmente sulla pelle. Il metodo più diffuso è quello dell’autolesionismo, tagli più o meno profondi su tutto il corpo.
All’ospedale Bambin Gesù di Roma nel 2020 si sono registrati oltre 300 ricoveri per autolesionismo, quasi uno al giorno.
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La preoccupazione di Vicari, però, non riguarda solamente la depressione attuale diffusa tra i giovani, che li spinge a gesti estremi, bensì anche gli effetti post-pandemia. La casa sta diventando il luogo attorno al quale, per i più giovani, ruota tutto: l’educazione, gli affetti, la noia e la vita.
Dai videogiochi ai social network potrebbe essere difficile dire ai propri figli “ora puoi uscire di casa“, perché probabilmente potrebbero non aver voglia di farlo. Il consiglio del Dottor Vicari è diretto specialmente ai genitori che anche in casa e, limitatamente, all’aperto possono ricostruire uno spazio e il tempo con e per i più giovani. Scostarli da internet, renderli partecipi di un mondo che, seppur diverso, esiste ancora: stimolare la loro curiosità, renderli attivi in faccende manuali, incitarli a leggere libri o a un gioco da tavola, passeggiare all’aperto, creare qualcosa.