Erano ristretti ai domiciliari e hanno trasformato casa in un negozio della droga, per vendere shaboo e hashish. Il “droga-shop” era stato “allestito” a Monterotondo, nell’abitazione dove vivevano padre e figlio di 38 e 30 anni.
Arrestati (di nuovo) padre e figlio: spacciavano mentre erano ai domiciliari
Nel corso dei quotidiani controlli, i Carabinieri della Sezione Radiomobile della Compagnia di Monterotondo, nel verificare la presenza in casa dei due uomini, ristretti agli arresti domiciliari, hanno notato la presenza di assuntori già noti nei pressi dell’abitazione dei due in zona scalo di Monterotondo.
Poiché padre e figlio sono sottoposti agli arresti domiciliari per detenzione ai fini di spaccio ed altri reati e tra le prescrizioni a loro carico vi è il divieto di incontro e frequentazione di soggetti estranei al nucleo familiare convivente, i Carabinieri hanno deciso di effettuare una perquisizione domiciliare.
Droga-shop in casa: avrebbero guadagnato 120mila euro dallo spaccio
Durante la perquisizione sono state rinvenute dosi di shaboo e hashish, per circa mezzo chilo di sostanza stupefacente. Lo shaboo è sulle piazze di spaccio una sostanza molto ricercata ma non molto facile da reperire e, dalla quantità sequestrata si sarebbero ricavate ben 3.000 dosi da rivendere al minuto con un introito di oltre 120.000 Euro (circa 40/50 euro a dose). La sostanza è una droga sintetica, proveniente prevalentemente dalle Filippine, ossia una metanfetamina in cristalli che si fuma in pipette come il crack.
Lo spaccio di Shaboo e gli arresti
Finora questa sostanza era considerata stupefacente così detto “etnico”, immessa e commercializzata sulle piazze di spaccio da extracomunitari ovvero cittadini stranieri provenienti dai luoghi di produzione. Sono pochi i precedenti di spaccio ed assunzione da parte di cittadini italiani. Infine l’accostamento al crack non è casuale, per le “terribili” conseguenze che questa droga sintetica provoca sullo stato di salute degli assuntori, con un effetto che secondo gli esperti è 5 volte più potente di quello della cocaina.
Sentito il PM di Turno della Procura della Repubblica presso il Tribunale di Tivoli sono così scattate per la seconda volte le manette per padre e figlio ma questa volta non rimarranno ai domiciliari ma sono stati tradotti presso il carcere di Roma Regina Coeli direttamente a disposizione del GIP.
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