La triste storia di Andrea Loris mi tormenta. Qualche notte fa sono arrivata addirittura a sognarlo. Non riesco a non pensare al terrore e il dolore che questo povero angelo ha provato mentre si vedeva privare della sua giovane vita, pura, ingenua, piena di sogni. Di lui è rimasto lo zainetto colorato che tutti cercano, quello che ritrae gli eroi che lo facevano sentire coraggioso, i giocattoli con i quali amava perdersi tra le nuvole e quell’anima che conosce la verità e aspetta che venga a galla per poter trovare la pace che merita. Non sto scrivendo di lui per raccontarvi i fatti e puntare il dito contro qualcuno; non mi piace trarre conclusioni alla maniera che solo gli inquirenti possono permettersi e non amo nemmeno l’accanimento mediatico, quasi morboso, rivolto nei confronti di questa storia: i processi si svolgono in tribunale, non in televisione. A questo mio pensiero non voglio aggiungere nè allusioni nè supposizioni, ma posso affermare con assoluta certezza che chiunque sia stato, chiunque l’abbia guardato in volto fino al suo ultimo respiro e senza alcuna pietà, merita di passare il resto dei suoi giorni in carcere, tra quattro mura, schiacciato dal rimorso più profondo, con lo sguardo del bimbo rivolto contro, ogni secondo, ogni ora, ogni giorno.
Questa è la peggior condanna che possa ricevere un assassino. Questo merita chi ha ucciso Andrea Loris.
Così per sempre, fino alla fine dei suoi dannati giorni.
Alessandra Crinzi