Lorenzo è il primo dei pazienti guariti dal Covid-19 a Pomezia. Ha contratto il virus a scuola, al liceo Pascal, dal suo compagno di classe, il figlio del poliziotto la cui sorte abbiamo seguito tutti ormai da più di un mese.
È stato l’unico alunno della scuola ad essere contagiato e ora, a distanza di tre giorni dall’esito del tampone che dichiara la sua guarigione dal Coronavirus, racconta ai nostri microfoni la sua esperienza e le emozioni che lo hanno accompagnato in questi giorni di isolamento.
Cosa hai provato quando hai saputo che il padre di un tuo compagno di classe aveva contratto il virus?
“La mia reazione immediata è stata di grande preoccupazione per lo stato di salute del papà del mio compagno, a cui ho subito scritto. Quando ho saputo questa notizia ero in viaggio con la mia famiglia; ho chiesto al mio amico come si sentiva e mi ha risposto di non avere sintomi. Questo mi ha molto tranquillizzato, perché il mio timore era quello di un eventuale contagio ai miei familiari. Io infatti vivo, oltre che con i miei genitori, anche con i nonni ed è per loro che avevo paura”.
Quindi sei tornato a Pomezia senza particolari timori?
“Sì, ero sereno. Quando invece anche il mio compagno di classe è risultato positivo, ovviamente sono tornate le paure per la mia famiglia, specie per i miei nonni, proprio perché qualche giorno prima avevamo viaggiato tutti nella stessa macchina”.
Quando hai saputo di essere positivo anche tu?
“Il terzo giorno di isolamento. Tutta la classe, così come da prassi, era stata messa in quarantena obbligatoria per verificare se qualcuno era stato contagiato. I primi due giorni io non ho avuto nessun sintomo, mi sentivo benissimo. La terza mattina invece mi è venuta la febbre. Ho quindi contattato la Asl come mi era stato indicato e sono venuti a farmi il tampone”.
Cosa hai provato nello scoprire che eri positivo?
“Sconforto e anche meraviglia, perché fino a quel momento ero stato bene. E sapere che in una classe di 22 persone ero stato l’unico ad avere la sfortuna di contagiarmi nonostante non avessi un contatto particolare con il ragazzo positivo, mi aveva un po’ impaurito e demoralizzato, di certo non perché volessi che gli altri si contagiassero, ma solo perché avrei preferito evitare questa esperienza”.
Quindi tu non sei il compagno di banco del figlio del poliziotto?
“No, e non ci sono neanche stato troppo a contatto: per questo mi meraviglia molto aver preso il virus, quando invece persone che sono state molto più vicino a lui sono risultate negative”.
Dopo che ti sei ammalato sei rimasto sempre a casa sei dovuto andare in ospedale?
“No, sono rimasto sempre nella mia stanza, in assoluto isolamento”.
Che sintomi hai avuto? Gli stessi di un’influenza comune o hai notato qualcosa di diverso?
“Non ho avuto sintomi particolari, anzi, era come una leggera influenza: la febbre è salita al massimo a 38,5 o 39. Questo probabilmente perché, essendo giovane e sano, non ho avuto le complicazioni che invece prendono a persone più anziane o che hanno altre patologie, come purtroppo dimostrano il numero altissimo di decessi che ci sono stati finora”.
Hai fatto cure particolari per guarire?
“No, nulla, solo qualche antipiretico quando la febbre si alzava”.
Quando hai fatto l’ultimo tampone, quello risultato negativo, che ha decretato la tua guarigione, cosa hai provato?
“Il mio primo pensiero è stato ‘voglio vedere fuori’, perché da tre settimane vedevo il cielo solo dalla finestra e questo era abbastanza brutto. Quando ho rivisto il cielo e respirato l’aria fresca mi sono sentito benissimo, era come se, fino a quando stavo dentro casa, io stessi ancora male, anche se il tampone aveva dato esito negativo ormai da un paio di giorni. Mi sono sentito guarito solo quando sono riuscito ad uscire di casa”.
Dopo questa esperienza, vuoi lasciare un messaggio ai tuoi concittadini (e non solo)?
“Il messaggio è che vorrei trasmettere è che non dobbiamo più continuare a seminare odio tra esseri umani, dobbiamo imparare a stare uniti, a collaborare”.
Parli del rispetto delle regole?
“Non solo: rispettare le regole non basta se non c’è il rispetto della persona, il rispetto degli altri”.