Riceviamo e pubblichiamo un’interessante analisi scritta da un cittadino di Pomezia, Paolo Moscagiuri, dal titolo “Città e territorio”. L’analisi intende offrire degli spunti di riflessione per chi sarà chiamato a governare la città nei prossimi cinque anni.
Ogni città ha la sua forma
La città è un organismo vivo, che muta nel tempo, cresce, si ammala, guarisce, soffre, racconta, protegge, conserva, tramanda…, per questo è importantissimo al momento che si decide di amministrarla, lo studiarla a fondo ma anche percepirne i segnali di sofferenza per intervenire tempestivamente e nel modo più corretto possibile, perché la salute della città coincide sempre con quella dei cittadini.
Ogni città ha la sua forma e personalità, pregi e difetti, ma soprattutto deve possedere una configurazione urbanistica chiara e orientata. I suoi “limiti”, interni ed esterni, di quartiere e di confine diventano spesso parte dell’immaginario collettivo e della loro identità e appartenenza. Quando tutto questo è vago se non impossibile, allora ci troviamo difronte a un agglomerato urbano, spesso nato speculativamente e in assenza di controlli urbanistici. Di conseguenza i suoi abitanti non si identificano con il luogo che lo considerano solo un posto di passaggio: giornaliero (dormitorio) o di un periodo della vita in attesa di potersi spostare in un luogo migliore. I “limiti” di cui scrivo, non sono costituiti necessariamente dalla fine del costruito, ma dalla presenza di segni forti, carichi di valori, e universalmente riconosciuti, quali piazze, viali, parchi, monumenti, portali, architetture importanti, ecc. Questi “segni” rendono possibile la lettura della città e del suo territorio e permettono di ipotizzare interventi di sviluppo o correttivi.
Per fare dei facili esempi romani, se devo descrivere il rione di Trastevere, dirò che si trova a destra del fiume Tevere, che è delimitato dalla Porta Portese a sud, dal colle Gianicolo a ovest, e dal rione di Borgo e da san Pietro a nord. Mentre il Gianicolo e il Tevere sono limiti orografici e idrografici di contenimento, Porta Portese e san Pietro sono limiti architettonici simbolicamente forti. I suoi limiti simbolici, orografici e valoriali sono chiari ai cittadini romani, e permettono a chi abita dentro questi “confini” di identificarsi come trasteverino, tanto da creare a livello storico, dei momenti in cui l’abitante del quartiere si è fatto protagonista. Ogni area ben delimitata poi ha il suo centro, il cuore pulsante. In questo caso sappiamo essere piazza di santa Maria in Trastevere, con l’omonima chiesa e l’antichissima fontana, ma non solo per la loro importanza e bellezza, ma anche perché sono chiari i limiti dell’area dove sono ubicati.
L’analisi di Pomezia
Proviamo ora ad analizzare sotto questo punto di vista il Comune di Pomezia.
Ha un’estensione territoriale frastagliata, a forma cuneiforme, con la parte larga verso il mare e la punta che termina sulla via Ardeatina (santa Palomba). La strada Pontina divide a sua volta questo cuneo fra area industriale e abitativa. Al suo interno anche l’area abitativa è divisa in Pomezia centro e il litorale di Torvajanica. Fra i due agglomerati, altre frazioni sparse sembrano appartenere a se stesse, come Torvajanica Alta, Campo Ascolano, Colli di Enea, Santa Procula, Castagnetta, Campo Jemini, Martin Pescatore, Vicerè. Insomma questo Comune è formato più da località che da quartieri.
Nessuna città più della nostra necessita quindi di operazioni di ricucitura e qualificazione senza le quali qualsiasi intervento buono o cattivo che sia, è fine a se stesso: un castello nel deserto, un oggetto isolato incapace di dialogare con il resto del territorio. Le operazioni di “ricucitura” del territorio dovranno avvenire anche attraverso un buon sistema infrastrutturale e di collegamento di trasporto urbano, e non necessariamente attraverso nuova edificazione, anzi le aree libere fra una località e l’altra se non vincolate come zona agricola, potrebbero diventare l’occasione per realizzare parchi tematici a servizio di due o più zone limitrofe. Delle “aree di mezzo”, fra una località e l’altra, capaci di metterle in comunicazione, esaltandone i valori comuni e permettendo l’interscambio di quelli appartenenti a l’una o l’altra zona. Ma “aree di mezzo” possono essere anche certi servizi, come: impianti sportivi, scuole, strutture sanitarie, culturali o ludiche.
Per lo stesso motivo (il rafforzamento della percezione del territorio e della sua identificazione), è necessario definire gli “ingressi” principali di accesso e di contornazione del centro storico e dei quartieri/località. Oggi chi viene da Roma, viene accolto da: una rampa della strada regionale Pontina, un Jersey in cemento e un benzinaio, da non permettere addirittura la comprensione di essere arrivati in nuova città. Il nuovo piano del traffico prevede in sostituzione del jersey, una rotatoria prima del ponte che scavalca la Pontina e una subito dopo. Soluzione che probabilmente risolverà in parte gli ingorghi del traffico automobilistico, ma certamente non collabora a migliorare l’immagine di una città a servizio di una strada, anzi la rafforza. Dalla parte sud, in quello che è rimasto di piazza Brodolini, ancora una rotatoria, che ha stupidamente sostituito un tentativo di realizzazione di “porta sud”, seppure degradata. A nulla è servita la proposta di alcuni cittadini e associazioni, di ridimensionare sì, la piazza, ma salvarla almeno nel suo lungimirante significato di ingresso alla città storica. Altre numerose rotatorie, sparse ovunque, dichiarano apertamente la riduzione di Pomezia e Torvajanica ad uno svincolo automobilistico e la scelta di rafforzare il trasporto privato invece di quello pubblico, nonostante si vada propagandando speculativamente la ciclabilità, che mai potrà avvenire in sicurezza e utilità se non si riducono il volume e la velocità del traffico motorizzato, e se non si raccordano le località sparpagliate nel territorio con una rete ciclabile funzionale allo spostamento d’uso e non ludico.
L’uso eccessivo delle rotatorie, soprattutto se in strade cittadine, crea anche disagio a quelle categorie più fragili, bambini, anziani, persone con disabilità, che per attraversarle devono percorrere distanze maggiori rispetto ad un normale incrocio, correndo anche maggiori rischi nei tratti di uscita dalla rotatoria, perché qui l’automobilista è portato ad accelerare la velocità. È quindi una contraddizione che denota inefficienza e pressapochismo, il programmare l’abbattimento delle barriere architettoniche e nello stesso tempo risolvere lo snellimento del traffico con soluzioni che ne creano altre.
Le infrastrutture
È superfluo poi sottolineare che “l’avvicinamento” in qualche modo della stazione ferroviaria è basilare per la qualità di vita dei cittadini di Pomezia, così come quello della metro B che ora fa capolinea a Laurentina. Pomezia è inoltre isolata non solo per la lontananza di queste due essenziali infrastrutture, ma anche per l’assurda chiusura delle corse Cotral alle 22,00. Andare a Roma di sera, o si rientra come Cenerentola o si rischia di dormire in albergo; ed allora l’uso dell’auto diventa obbligatorio. Credo che lasciare i cittadini senza mezzi per così tante ore notturne sia una vera e propria interruzione di pubblico servizio, e che per affrontare questo argomento è necessaria una politica seria, quella fatta di scambio e confronto, e qualche volta anche di compromesso. Pomezia è inoltre strategicamente posizionata a sud di Roma, con una buona dotazione alberghiera, e quasi equidistante dagli aeroporti di Ciampino e Fiumicino. Il primo raggiungibile facilmente dalla via Nettunense e il secondo dalla litoranea o dall’autostrada. Ma finora nessuna amministrazione ha mai provveduto a realizzare delle linee pubbliche o private da e per gli aeroporti. Credo che fra tutti gli interventi da realizzare, questo sia addirittura primario, perché potrebbe rappresentare il volano per rilanciare il nostro territorio economicamente e turisticamente. Poter alloggiare a pochi chilometri dalla capitale, a prezzi più contenuti e qualità certa, con la facilità di raggiungimento degli aeroporti in una fase storica in cui i voli “low cost” stanno cambiando il mondo, è un’occasione che Pomezia non può perdere, anzi sarebbe già una partenza in ritardo.
Di idee se ne possono aggiungere ancora, ma è necessario che tutti gli interventi convergano ad un unico fine, quello di trasformare il nostro “non luogo” in “luogo”, cioè in un posto dove gli elementi “forti”, quelli che diventano riferimento di orientamento e identificazione, non siano i centri commerciali, le rotatorie, le discoteche, i delfinari, i luna park o gli outlet, ma le piazze, i parchi, i monumenti, il museo, il teatro, la biblioteca.
Spero con questo mio intervento di aver dimostrato che l’analisi del territorio è il primo passo per portare avanti qualunque programma politico. E l’analisi non è mai neutra, ma fortemente influenzata dall’etica e dai valori che la qualificano. La mia, è influenzata dalla scelta di tenere sempre come cartina al tornasole le esigenze del cittadino più fragile, perché se una risoluzione va bene per lui, allora va bene per tutti.
Paolo Moscogiuri