La morte di Pamela Mastropietro resta ancora avvolta dal mistero. Un giallo che si infittisce a causa delle dichiarazioni spontanee che il 35enne condannato all’ergastolo per aver ucciso, violentato e fatto a pezzi il corpo della 18enne, Innocent Oseghale.
Il racconto del 35enne condannato all’ergastolo per la morte di Pamela
Ribadisce con forza di non aver ucciso o violentato Pamela, dal carcere di Forlì nel quale è ristretto il 35enne e fa presente di “pagare, seppure in parte, questa situazione per pregiudizi personali su di me legati al fatto che io sia un immigrato di colore”. Ha voluto ricostruire passo passo le ultime ore di vita di Pamela, la giovanissima il cui corpo è stato ritrovato a pezzi in due trolley a Macerata, la sera del 30 gennaio del 2018, Oseghale che ha reso dichiarazioni spontanee raccolte da Adnkronos.
Le ultime ore di vita della 18enne nel racconto di Oseghale
“Penso spessissimo a Pamela – dice – a quanto è successo, sono dispiaciuto e addolorato, ma non posso pagare una colpa non mia. Non ho violentato Pamela, abbiamo avuto rapporti sessuali con il consenso di entrambi prima di andare a casa mia e una volta a casa. Dopo aver fatto la spesa al supermarket mi sono messo a preparare la colazione mentre ascoltavamo un pò di musica. Pamela ha consumato una sostanza che non avevo mai visto consumare prima a nessuno e di cui quindi non conoscevo gli effetti. Si è sentita male ed è caduta a terra tutto ad un tratto. Ho sottovalutato il suo malore. Ho chiamato un amico che mi ha suggerito di darle dell’acqua. L’ho messa a riposare al letto e sono uscito. Al mio ritorno Pamela non c’era più”.
La paura e lo choc quando ha trovato Pamela morta
Secondo il racconto del 35enne, quest’ultimo sarebbe stato preso dalla paura e dallo choc quando ha trovato il corpo senza vita della ragazza. “Per me – spiega – è stato uno choc al rientro. Sono stato assalito dalla paura di perdere la mia compagna, già in comunità con la mia primogenita e incinta del mio secondo figlio, che purtroppo non ho nemmeno potuto vedere nascere. Ho avuto paura di perdere tutto quello che avevo sognato nella mia vita, avere una famiglia. Ho avuto paura che nessuno mi avrebbe creduto, a me, un ragazzo di colore con in casa il cadavere di una ragazza di 18 anni. Nella mia testa io ero già colpevole, non ho capito più niente e ho fatto quello che è già noto a tutti. Dovevo cercare di salvarmi. Ho pensato a come uscire da quella casa, a salvare la mia famiglia. Ed è stato così che ho commesso lo sbaglio più grande della mia vita, non chiamando subito l’ambulanza e la polizia. Ho avuto paura e chiedo scusa. È il mio rimorso che porterò sempre dentro di me”.
Le scuse alla mamma di Pamela
Ha voluto anche chiedere scusa alla mamma di Pamela, con la quale si è scontrato nel corso del processo che si è tenuto a gennaio per la presunta violenza sessuale ai danni della ragazza. “Il mio sfogo non era rivolto a lei – precisa -, ma a quanti mi hanno provocato e insultato durante l’udienza. Ho sbagliato a reagire in quel modo e chiedo scusa. Con la mamma di Pamela sto condividendo lo stesso dolore, perché anche io ho perso i miei figli, non so dove siano, se sanno di me, del grave errore che ho commesso, se mai un giorno potrò rivederli. Spero solo di poter tornare a fare il padre, un giorno, di poter spiegare ai miei figli cosa è veramente successo, anche perché il mio secondo figlio è nato quando ero già in carcere e la mia famiglia sta pagando a caro prezzo i miei errori”.
Nega di averla uccisa, ma si assume tutte le responsabilità per il vilipendio di cadavere e per non averle prestato soccorso ma precisa ripetutamente: “Non sono un assassino stupratore”.