I Finanzieri del Comando Provinciale della Guardia di Finanza di Roma hanno sequestrato un patrimonio mobiliare e immobiliare, del valore stimato in oltre 4 milioni di euro, nei confronti di C. G., cl. ’75, attualmente recluso nel carcere di Orvieto (TR), dove sta scontando, dal mese di novembre 2015, un periodo di detenzione con termine previsto il 7 ottobre 2025 per i reati di rapina aggravata, minaccia grave, lesioni personali aggravate.
Il provvedimento, disposto dal Tribunale Civile e Penale di Roma – Sezione per l’applicazione delle misure di prevenzione nei confronti delle persone pericolose per la sicurezza, eseguito dagli specialisti del G.I.C.O. (Gruppo Investigazione Criminalità Organizzata) del Nucleo di Polizia Tributaria di Roma, giunge al termine di complesse indagini di polizia economico-finanziaria, avviate d’iniziativa nel corso del 2014 e, successivamente, coordinate dalla locale Direzione Distrettuale Antimafia, sviluppate nei confronti dell’odierno destinatario dei sequestri il quale, oltre ad annoverare condanne per minaccia, estorsione, rapina e lesioni personali, risulta gravato, a partire dal 1995, da numerosi pregiudizi di polizia, per le fattispecie di favoreggiamento, inosservanza di provvedimenti dell’autorità, violazione alle norme in materia di controllo dell’attività urbanistico/edilizia, associazione a delinquere finalizzata all’usura, evasione dagli arresti
domiciliari, danneggiamento.
Il nome di C. G. – nipote del fu C. E., uno dei primi, insieme al più noto V. (cl. 1950), ad aver raggiunto la Capitale proveniente dall’Abruzzo – era balzato agli onori delle cronache già nel marzo 2010, allorquando veniva tratto in arresto in conseguenza della denuncia presentata da M. D., artigiano di origini iraniane, titolare di un’azienda nel settore della lavorazione del marmo, il quale era stato selvaggiamente picchiato dal C., in concorso con altri soggetti, per aver osato richiedere il giusto compenso per i lavori eseguiti presso una lussuosa villa ubicata in Roma (oggetto anch’essa dell’odierno sequestro) e per essersi rifiutato di consegnare, ai suoi aggressori, 10 capitelli in marmo senza essere pagato.
Emblematiche le parole utilizzate dal C. G. il 17 febbraio 2010: lo stesso chiamava telefonicamente il denunciante D. e lo minacciava dicendogli ” tu chi sei per parlarmi così, chi ti ha dato il permesso di parlare così con me … pezzo di merda
sto venendo lì a prendere la mia roba aspettami”.
Nel pomeriggio dello stesso giorno, le minacce si sono effettivamente concretizzate: il C. G. ed un suo sodale si sono, infatti, personalmente recati nel laboratorio di marmo ed, oltre a minacciare nuovamente il D.i “tu sai chi siamo noi, se non mi dai i capitelli ti uccidiamo, ti diamo fuoco alle tue dita e poi chiudiamo tutto”, lo colpivano con calci e pugni al volto, sulla testa e sulla schiena anche con pezzi di marmo, provocandogli profonde ferite. Il giorno dopo, il commerciante iraniano veniva nuovamente pestato brutalmente dallo stesso C. G. ed da altri tre suoi sodali con bastoni, cagionandogli contusioni multiple guaribili in 20 giorni.
Il clamore suscitato all’epoca dalla vicenda induceva, poche settimane dopo, un ulteriore artigiano del marmo a presentare anch’esso denuncia-querela, per una vicenda analoga, per i quali il committente C., dopo aver rilasciato un piccolo acconto, aveva, con violenza e minaccia, preteso di non pagare il saldo dovuto.
Tali inequivoci episodi delittuosi rappresentano solo un tassello del più ampio quadro d’insieme ricostruito minuziosamente nel corso delle indagini del G.I.C.O., che ha consentito di delineare compiutamente il profilo criminale di C. G., soggetto dalla personalità violenta e prevaricatrice, incline a commettere reati, anche gravi – come documentato da indagini di polizia giudiziaria a partire dal 1995 e fino a tutto il 2015 – dedito in maniera esclusiva ad attività illecite di varia natura ed i cui interessi principali si sono sviluppati prevalentemente nel campo della truffa e delle estorsioni.
La verifica della sussistenza della pericolosità sociale del soggetto è stata accompagnata dallo sviluppo di approfonditi accertamenti patrimoniali, sul conto di persone fisiche e giuridiche, al fine di aggredire i patrimoni illecitamente accumulati.
Dalle investigazioni è emerso, infatti, che cospicue somme di denaro, frutto delle illecite attività delinquenziali poste in essere, siano state reimpiegate, nel corso degli anni, sia direttamente che indirettamente mediante investimenti di natura immobiliare, del tutto incongruenti con la capacità contributiva propria e dei familiari conviventi.
Tale sproporzione, unita alla qualificata pericolosità sociale, ha quindi permesso di richiedere, ai sensi del dettato normativo del “Codice Antimafia” (D.Lgs. n.159/2011), il sequestro finalizzato alla confisca dell’intero patrimonio al medesimo direttamente o indirettamente riconducibile.
Le risultanze delle complesse investigazioni esperite sono state partecipate al Tribunale di Civile e Penale di Roma – Sezione per l’applicazione delle misure di prevenzione che, condividendo l’impianto accusatorio prospettato dalla locale D.D.A., con proprio provvedimento, ha disposto il sequestro di:
- quote consortili di n. 1 consorzio con sede in provincia di Roma;
- n. 24 unità immobiliari (n. 15 fabbricati e n. 9 terreni), ubicate a Roma e provincia;
- n. 2 autovetture;
- rapporti bancari/postali/assicurativi/azioni,
per un valore complessivo di stima dei beni sottoposti a sequestro di circa 4.000.000 di euro.
Tra i beni sequestrati, particolare rilievo assumono n. 2 complessi immobiliari, costituiti da una villa su due livelli, con annessa piscina, e da un ulteriore immobile, composto da n. 14 appartamenti, ubicati a ridosso della via Casilina, tra via della Borghesiana e via di Rocca Cencia, gran parte dei quali edificati in violazione delle norme edilizie ed i cui lavori di
ampliamento sono proseguiti, nel tempo, nonostante fossero intervenute reiterate denunce da parte delle autorità competenti.
L’odierna operazione costituisce un’ulteriore prova della costante ed efficace opera di aggressione, da parte della Guardia di Finanza e della locale Direzione Distrettuale Antimafia, ai patrimoni illecitamente accumulati da esponenti della criminalità organizzata e non.
Nel caso di specie, si tratta di un esponente della famiglia Casamonica che, da oltre trent’anni, esplica, attraverso alcuni suoi componenti, dediti alla commissione di reati gravi, una notevole forza di intimidazione sull’area sud-est della capitale, compresa la zona dei Castelli Romani.