Nonostante l’omicidio di Willy Monteiro Duarte, l’avvocato dei fratelli Bianchi prova a portare tesi per scagionare i suoi assistiti. Questo, nonostante i fratelli Bianchi vedano una condanna in primo grado all’ergastolo, in una soluzione che il Procuratore Generale di Roma chiede venga confermata anche in secondo grado. Questo perchè, facendo luce sulle intercettazioni, nessuno dei due ragazzi si è mai pentito di aver ucciso il ragazzo capoverdiano, sminuendo in alcuni frangenti anche l’uccisione commessa verso la stessa vittima.
La difesa dei fratelli Bianchi per l’omicidio di Willy
Si potrebbe parlare benissimo di “difesa dell’indifendibile”. Eppure l’avvocato prova a giocarsi delle carte che, quantomeno, possano alleggerire le pene dei suoi assistiti. Infatti, mediaticamente Marco e Gabriele Bianchi sono dei mostri senza scrupoli, rinchiusi in una cella del carcere in modo da non procurare altre tragedie in giro per il Lazio. Ma saranno realmente così quei ragazzi? Per l’avvocato è un secco “no”. Lo stesso evidenzia come “la televisione abbia ingigantito lo status da mostri dei miei assistiti, influenzando inevitabilmente anche il giudizio della sentenza”.
Il tentativo di cappottare l’ergastolo
La strategia dell’avvocato dei due fratelli, sarebbe quello di rintracciare delle prove granitiche riguardo la loro colpevolezza. Prove che oggi, almeno per il legale, sarebbero inesistenti, considerato come l’omicidio sia avvenuto in una “zuffa tra ragazzi” e soprattutto le testimonianze risultino confusionarie riguardo gli ultimi momenti di Willy Monteiro Duarte. Come spiega l’avvocatessa Vanina Zaru all’Ansa, che assiste Marco Bianchi: “La sentenza di primo grado ha creato un mostro a due teste, i fratelli Bianchi, ma l’aula di tribunale non deve servire a creare un mostro”.
Le criticità dell’accusa
Prosegue l’avvocatessa Zaru: “L’ergastolo è meritevole di censura e ha voluto dare una risposta al dolore per una tragedia con un’altra tragedia. Le testimonianze non riescono a provare la colpevolezza di nessuno dei quattro imputati. I testi hanno detto ognuno una cosa diversa e la sentenza ne ha preso un pezzo da ognuno: a fronte di condanne così severe le prove devono essere granitiche“.