Continuano a dichiararsi innocenti Gabriele e Marco Bianchi, i due fratelli condannati all’ergastolo per aver massacrato di botte e ucciso Willy Monteiro, un giovane di appena 21 anni che il 6 settembre del 2020 è stato picchiato senza pietà a Colleferro, nella zona della movida. E lasciato a terra, in una pozza di sangue. Lui che voleva solo fare da paciere si è ritrovato faccia a faccia con quei ragazzi, che calcio dopo calcio, schiaffo dopo schiaffo, lo hanno ucciso. E ora, in cella, si dicono innocenti, tra un rimpallo e l’altro di responsabilità. Eppure, i giudici non sembrano avere dubbi: dai fratelli Bianchi una furia cieca, una rabbia.
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Le motivazioni della sentenza per l’ergastolo dei fratelli Bianchi
Era il 6 settembre del 2020 quando Willy Monteiro, un ragazzo di appena 21 anni, veniva massacrato di botte e ucciso in un sabato sera che doveva essere come tanti e che si è trasformato in tragedia. Ed era il 4 luglio scorso quando Gabriele e Marco Bianchi sono stati condannati all’ergastolo. Secondo i giudici loro erano consapevoli che stavano uccidendo Willy, ma non si sono fermati. Anzi, guidati dalla rabbia e dalla furia cieca hanno continuato, calcio dopo calcio, pugno dopo pugno.
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In ben 74 pagine i giudici della corte d’assise di Frosinone, come spiega l’Ansa, hanno ricostruito in modo minuzioso gli ultimi istanti di vita del 21enne. E hanno spiegato quella sentenza, che ha portato all’ergastolo dei fratelli Bianchi e ha condannato Francesco Belleggia a 23 anni di carcere e Mario Pincarelli a 21. Tutto sarebbe partito da una banale discussione, poi degenerata: l’arrivo dei ‘gemelli di Artena’ sul suv nero che sfreccia, poi le botte e la morte di Willy Monteiro.
Cosa hanno scritto i magistrati sull’Omicidio di Willy
Stando a quanto hanno scritto i magistrati, l’arrivo dei fratelli Bianchi “sulla scena di una disputa sino ad allora verbale, e comunque in fase di spontanea risoluzione, fungeva da detonatore di una cieca furia”. Quella lite, infatti, si stava forse risolvendo, gli animi si erano placati. O almeno, così sembrava. Fino a quando non sono arrivati Marco e Gabriele. “I quattro si compattavano a falange ed avanzavano in modo sincrono, impattando contro il corpo del povero Willy che si era appena intromesso per capire cosa stesse accadendo”.
Ed è proprio in quel momento, secondo i magistrati, che Willy è stato colpito da Gabriele con un violentissimo calcio frontale al petto, che lo ha spinto verso un’auto in sosta. “Il 21enne ha tentato di rialzarsi, ma è stato respinto prima con un pugno da Gabriele Bianchi, mentre il fratello con un calcio neutralizzava il tentativo del Cenciarelli di corriere in aiuto di Willy, e poi da calci e pugni inferti da tutti e quattro gli imputati”. Con Willy ormai a terra, inerme. E tutto in pochi e tragici istanti.
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Sapevano di uccidere
“Gabriele sapeva di sferrare contro il povero Willy un colpo che, in quanto vietato dalle regole delle arti marziali, era potenzialmente mortale” – scrivono i magistrati, che non hanno dubbi. Anzi, secondo loro tutti gli imputati sapevano di poter uccidere e avevano la “percezione del concreto rischio che attraverso la loro azione Willy potesse perdere la vita e, nondimeno, hanno continuato a picchiarlo”. Con una certezza e la triste realtà che tutti, purtroppo, conosciamo: Willy è morto e di lui resta quel sorriso ‘stampato’ sulle foto. E i ricordi di chi lo conosceva. Perché sono passati anni da quella terribile sera, ma è difficile dimenticare.
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