Avevano messo ‘le mani’ su alcuni locali della Capitale, dai ristoranti ai panifici. E avevano il pieno controllo di tutte le attività, con un business milionario alle spalle. Tra estorsioni, minacce, sequestri di persona e metodi tipici dell’associazione mafiosa. O meglio della ‘ndrangheta, con quell’organizzazione criminale ben solida che ieri mattina all’alba è stata smantellata con un’operazione della Dia, coordinata dalla Dda di Roma. Che ha portato a ben 26 arresti (24 persone in carcere, 2 ai domiciliari). Tra di loro anche Carmela Alvaro, la figlia del boss Vincenzo, appartenente alla storica famiglia di ‘ndrangheta originaria di Cosoleto (RC).
Chi è Carmela Alvaro e perché è stata arrestata
Il modus operandi dell’organizzazione mafiosa era sempre lo stesso. E attraverso la forza dell’intimidazione, dell’assoggettamento, a cui segue l’omertà per paura di ritorsioni, i criminali avevano messo in piedi un bel piano, un fiorente business. Loro, infatti, controllavano attività economiche in molteplici settori (ricorrendo poi a intestazioni fittizie) e commettevano reati “quali delitti contro il patrimonio, contro la vita e l’incolumità individuale e in materia di armi”. Tutto per assicurarsi l’egemonia e il controllo su alcuni locali della Capitale. Dai bar ai panifici.
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E ruolo centrale lo avrebbe avuto proprio Carmela, 32enne figlia del boss, che fiera di appartenere a quel clan, a giugno scorso, dopo gli arresti con l’operazione Propaggine, aveva minacciato un amministratore giudiziario, che aveva solo cercando di fermare quegli affari sporchi. Proprio lei, infatti, avrebbe sequestrato, insieme a un complice, l’uomo nel ‘suo’ locale, quello in via Eurialo. Lo avevano lasciato lì, con la saracinesca abbassata, per 15 minuti a suon di minacce, urla e aggressioni. Tutto purché l’amministratore giudiziario lasciasse quell’incarico: ‘Non devi toccare i miei soldi, sei un servo dello Stato‘ – ripeteva Carmela. Chiunque si avvicinava ai locali gestiti dai clan mafiosi veniva ‘fatto fuori’. Nessuno poteva toccarli, ribellarsi, fare qualcosa contro di loro. E tutti, per paura delle ritorsioni, scappavano. Nessuno osava mettersi contro di loro, così forti, potenti, intoccabili.
L’operazione contro la Ndrangheta
Quella di ieri mattina all’alba è stata solo l’ultima operazione, in ordine di tempo, contro la Ndrangheta, ben radicata nella Capitale e nei suoi locali. 26 le persone arrestate, sotto sequestro beni per 100 milioni di euro: tutti ora dovranno rispondere di associazione mafiosa, sequestro di persona, minacce, violenza privata. Loro che con la forza mettevano a tacere tutti. Facevano vivere nel terrore. Come a dire: ‘Se parli ti succede qualcosa’.
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