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Morto nel reparto di psichiatria, infermiere rischia il processo per omicidio colposo

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Wissem Ben Abdel Latif, morto a 26 anni al San Camillo di Roma - www.IlCorriereDellaCittà.com

Prima la traversata verso Lampedusa, poi la degenza travagliata nel Cpr, per essere trasferito da un ospedale all’altro, dov’è morto dopo che gli sono iniettati dei farmaci antipsicotici. Troppi sono i nodi irrisolti nella storia di Wissem Ben Abdel Latif, 26enne tunisino che ha perso la vita nel 2021 nel reparto di psichiatria del San Camillo di Roma.

Il ragazzo si trovava lì per uno stato di malessere, già intravisto mentre era ospite del Cpr di Ponte Galeria e all’ospedale Grassi di Ostia. Arrivato al nosocomio di Roma, gli vengono date perciò delle medicine. L’effetto è avverso però, il ragazzo morirà il 28 novembre 2021 e tuttoggi gli inquirenti indagano sulle cause. Per il caso, ora rischia ora di finire a processo un infermiere di 48 anni, con l’accusa di omicidio colposo per la morte del ragazzo.

Migrante ricoverato in psichiatria, muore dopo aver assunto delle medicine

Latif era arrivato in Italia come clandestino il 2 novembre 2021. Sognava di arrivare in Francia, da uno zio, ma una volta raggiunto il Cpr di Roma, a Ponte Galeria, il ragazzo avrebbe cominciato a mostrare segni di insofferenza. Viene così trasportato prima all’ospedale Grassi di Ostia, dove rimane immobilizzato per per 37 ore e 30 minuti. Poi, dopo due giorni, trasferito al San Camillo di Roma. Anche lì, non essendoci abbastanza posti, lo ricoverano nel reparto di psichiatria attenendosi a un protocollo medico.

Come emergerà solo in seguito, il 26enne tunisino viene trattato come paziente affetto da schizofrenia psicoaffettiva, diagnosticata non appena giunto in Italia da una psicologa nel Cpr. I medici del San Camillo, per gestirlo, lo pongono su una barella, legato per altre 63 ore e sedato con delle medicine. Di lì a poco, il 28 novembre 2021, Latif perde la vita.

Morto in psichiatria: pm chiude inchiesta e rinvia a giudizio l’infermiere accusato di omicidio

Attilio Pisano, pm che segue il caso, ha disposto al momento l’archiviazione per 3 medici, tra cui il responsabile del reparto di psichiatria del San Camillo. Quest’ultimo sarebbe accusato di sequestro di persona, dal momento che Latif sarebbe stato trattenuto su una barella. Il medico, però, ha spiegato che lo stato in cui si trovava il paziente era giustificabile sulla base della schizofrenia che gli era stata diagnosticata, e che ha richiesto quindi di immobilizzarlo. I tre indagati sono difesi da Alberto Valerio Lori e l’infermiere che avrebbe prescritto i farmaci al 26enne tunisino è accusato di omicidio colposo. Per i tre il pm ha chiesto il rinvio a giudizio.

L’ipotesi ella Procura

Nei giorni successivi al decesso, un medico legale, incaricato dalla Procura, rilevò nel corpo di Latif tre diversi farmaci sedativi: Talofen e Serenase, regolarmente annotati in una cartella clinica. Il terzo, invece, sconosciuto, non figura nelle annotazioni mediche. La Procura sospetta che sia stato questo mix di farmaci a stroncare il 26enne tunisino, provocando un arresto cardiaco.

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