Una donna viene assunta in un museo di Roma. Poco dopo, accusa un dirigente di averla molestata. Ma la giudice assolve l’uomo, perché il fatto non sussiste. E perché la versione dei fatti della donna non viene confermata dagli altri colleghi e dai testimoni. E nelle motivazioni della sentenza, la giudice scrive che la donna “è complessata“.
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La ricostruzione della vicenda: dall’assunzione alla presunta molestia al museo
Tutto inizia a gennaio del 2019. La donna inizia a raccontare di aver subìto presunte molestie in un museo da parte di un dirigente. E spuntano anche le frasi che l’uomo le avrebbe rivolto: “Quanto mi arrapi“, “Dai, fammi toccare ancora un po’”, solo per citarne due. Il tutto, mentre pronuncia frasi ambigue e la mette in difficoltà con domande scomode. Poi dalle parole, si sarebbe anche passati ai fatti: mani sui fianchi, schiena e pancia e via di palpeggiata. Poi, il 20 maggio dello stesso anno, l’uomo chiede alla donna di aiutarlo a prendere alcuni cataloghi in magazzino. Lei acconsente e, una volta entrati, il dirigente avrebbe iniziato ad afferrarla da dietro, palpeggiandola. E, avvicinandosi, le avrebbe “sniffato i capelli e sussurrato qualcosa all’orecchio ansimando”.
La cena tra colleghi
E infine, la famosa cena tra colleghi. E lì, il dirigente sarebbe stato senza freni. Lui la tocca “sul seno, sulla pancia, sui fianchi e sul sedere”. E addirittura sarebbe arrivato “a leccarla e a morderle le orecchie fino a quando le infilava la lingua in bocca”. Eppure, di fronte alla giudice, i colleghi ridimensionano l’accaduto e definiscono ‘giocherellone’ l’uomo. Che invece rivolta il tutto e accusa la donna di essere attratta da lui.
La sentenza
E alla fine arriva l‘assoluzione per il dirigente. E le motivazioni della sentenza sono queste: “Alla luce di tutte le considerazioni qui svolte non si può escludere che la parte lesa, probabilmente mossa dai complessi di natura psicologica sul proprio aspetto fisico (segnatamente il peso) abbia rivisitato inconsciamente l’atteggiamento dell’imputato nei suoi confronti fino al punto di ritenersi aggredita fisicamente”. Nonostante l’assoluzione, i dirigenti del museo hanno licenziato l’uomo. La procura annuncia che farà appello.