Una maxi frode fiscale è stata scoperta dalla Guardia di Finanza del Comando Provinciale di Latina. Nei guai sono finiti tre fratelli ma anche un commercialista che li avrebbe aiutati a gestire il complesso sistema messo a punto per evitare di pagare le tasse. Nel mirino è così finita una società operante nel settore della ristorazione e bar situato a Minturno. In tutto, secondo le indagini, sarebbero stati occultati al fisco oltre 450mila euro.
Scoperta frode fiscale a Minturno
Il provvedimento in corso di esecuzione scaturisce da una verifica fiscale eseguita dal Gruppo Guardia di Finanza di Formia per il periodo d’imposta dal 2017 al 2020, che ha consentito la ricostruzione di un’imposta evasa ed occultata al Fisco corrispondente ad un importo di circa 473 mila euro.
Chi sono le persone individuate dalla Guardia di Finanza
Le indagini hanno così consentito lo smascheramento della frode fiscale che sarebbe posta in essere da tre fratelli di origine campana responsabili di aver accumulato negli anni un significativo ed indebito vantaggio tributario.
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Il sistema
Ma qual era il sistema messo a punto? Attraverso il mancato assolvimento dei previsti obblighi dichiarativo-fiscali ed il frequente ricorso all’istituto della “cessione di ramo d’azienda”, funzionale a preservare gli assets societari sani, il crescente debito tributario veniva accollato a società fantasma costituite a tale scopo.
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La particolarità del quadro delineato, tuttavia, risiede non già soltanto nel fatto che quest’ultime fossero intestate a soggetti prestanome e versanti in una condizione di quotidiana indigenza economica, quanto piuttosto nell’evidenza che il consolidato meccanismo, teso anche solo potenzialmente a rendere inidonea la procedura di riscossione coattiva, sia stato concertato con la regia professionale di un commercialista partenopeo, anch’egli deferito all’Autorità Giudiziaria sulla base degl’elementi raccolti.
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A quanto ammonta la frode fiscale
Disponibilità finanziarie, beni immobili e mobili registrati rientrano tra i beni attinti dal decreto di sequestro preventivo, funzionale alla confisca diretta e per equivalente fino alla concorrenza della somma complessiva pari all’ingiusto profitto di 473.438 euro, emesso dal G.I.P. del Tribunale di Cassino nei confronti delle società e dei suoi rappresentanti.
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