Spacciavano la droga sempre, anche durante il lockdown e in piena pandemia quando tutti eravamo costretti a stare a casa. A rispettare orari, coprifuoco e regole. Loro no. Si sentivano quasi esclusi da quei continui decreti, che proprio non li toccavano: la loro attività doveva andare avanti, non si poteva certo fermare. Si sentivano al sicuro, lontano dai centri abitati di maggior consistenza e lì, tra alcune palazzine della frazione di Villanova di Guidonia continuavano a spacciare grandi quantità di droga. Tra hashish, marijuana e cocaina. Ma la piazza di spaccio, adesso, è stata smantellata perché nelle prime ore dell’alba di oggi i Carabinieri della Sezione Operativa della Compagnia di Tivoli hanno dato esecuzione all’ordinanza di custodia che dispone misure cautelari a carico di sei soggetti. Tutti gravemente indiziati del reato di spaccio di sostanze stupefacenti.
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Piazza di spaccio tra Tivoli e Guidonia
L’indagine è partita a ottobre del 2020 dopo il ferimento, con colpi di arma da fuoco, di un pusher nella località di Favale. Questo ha consentito di accertare l’esistenza di un diffuso fenomeno di spaccio di sostanze stupefacenti radicato nelle località tra i Comuni di Guidonia Montecelio e Tivoli, alle porte di Roma. Gli indagati, i sei soggetti fermati questa mattina, avevano continuato a lavorare, anche durante il lockdown, anche in quel periodo di limitazioni alla libertà di circolazione. Loro non si erano mai fermati.
Le indagini
Durante le indagini i Carabinieri di Tivoli hanno arrestato, a riscontro dell’attività investigativa, 10 persone e denunciato in stato di libertà altre 5 per violazione della legge sugli stupefacenti, con il conseguente sequestro di complessivi 3,5 kg di droga di diversa natura. Ma non finisce qui. L’indagine, condotta dalla Sezione Operativa della Compagnia di Tivoli, ha consentito anche alla Procura della Repubblica di Tivoli di richiedere ed ottenere dal Giudice per le Indagini Preliminari, l’ordinanza di applicazione della misura cautelare per sei dei principali indagati. Quattro sono finiti in carcere, due ai domiciliari. E ora, forse, quell’attività di spaccio, che non aveva conosciuto fine neppure durante la pandemia, è finita davvero.