Un regime imposto da tre residenti nel sud pontino di monopolio nella commercializzazione al dettaglio di prodotti ittici nei mercati di Latina e Cisterna. Questo è il motivo per cui questa mattina sono state emesse delle ordinanze di custodia cautelare nei confronti di tre soggetti ritenuti responsabili a vario titolo dei delitti di tentata estorsione ed atti di illecita concorrenza, reati aggravati dal metodo mafioso.
A condurre le operazioni e le indagini sono state le Squadre Mobili di Latina e Roma, unitamente a personale del Servizio Centrale Operativo della Polizia di Stato, assieme con la Direzione Distrettuale Antimafia di Roma.
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Latina e Cisterna: mafia al mercato del pesce, le indagini
Attraverso le indagini si è giunti ad individuare il principale artefice delle attività estorsive – da tempo consumate all’interno dei mercati settimanali del pesce di Latina e Cisterna – in un imprenditore ittico finito oggi in carcere.
L’uomo, nella sua attività di vendita al dettaglio di prodotti ittici presso i citati mercati, con la collaborazione di un suo dipendente – finito oggi agli arresti domiciliari – dal 2019 ad oggi ha sistematicamente intimidito un esercente di vendita al dettaglio di pesce, nel tentativo di fargli lasciare i mercati di Latina e Cisterna di Latina, obbligandolo tra l’altro a vendere i propri prodotti sottocosto.
Un ulteriore impulso all’attività investigativa è stato offerto dalle dichiarazioni di due collaboratori di giustizia che hanno fornito validi elementi in grado di far emergere – sempre all’interno dei citati mercati di Latina e Cisterna di Latina – episodi di tentata estorsione ed illecita concorrenza avvenuti tra il 2016 e il 2018, commessi con violenza e minaccia aggravati dal metodo mafioso.
Mafia al mercato del pesce: gli appoggi nel clan Di Silvio e nella famiglia D’Alterio
Le indagini hanno così fatto piena luce sulle modalità con cui l’imprenditore ittico arrestato questa mattina ha cercato di acquisire, all’interno dei mercati di Latina e Cisterna di Latina, una posizione di supremazia economica nei confronti degli altri concorrenti commerciali. L’uomo infatti attraverso il vanto della “protezione mafiosa” tentava di costringere i commercianti sia a scelte economicamente svantaggiose sia a chiudere ed abbandonare il banco del pesce, il tutto per avvantaggiare la propria attività.
In particolare, egli aveva assoldato i due attuali collaboratori di giustizia – all’epoca dei fatti esponenti di spicco del clan Di Silvio – tramite l’intermediazione di un noto appartenente alla famiglia D’Alterio di Fondi affinché intimidissero un imprenditore concorrente, il quale in altre circostanze veniva esplicitamente minacciato facendo costante e reiterato riferimento alla famiglia D’Alterio, nota per il peso criminale dei componenti anche in ragione dei loro precedenti giudiziari, in grado di mettere in atto azioni ritorsive nei confronti di beni e persone, potendo contare su una rete di contatti con ambienti criminali campani e con esponenti di clan camorristici.