Espansione sempre più profonda e ramificata di clan camorristici e cosche di ‘ndrangheta fino a determinare la compresenza di un coacervo di gruppi che segnano profondamente il tessuto economico- sociale e anche politico del territorio. Aumento esponenziale del fenomeno dell’usura a causa della crisi economica legata alla pandemia. Quarto posto in Italia per i crimini ambientali, con un aumento della commissione dei reati contro l’ecosistema e delle attività illegali collegate al cemento e alla gestione dei rifiuti.
Il Lazio, inoltre, è al secondo posto per numero di transazioni e movimentazioni finanziarie anomale rispetto al rischio di riciclaggio o di finanziamento del terrorismo, preceduto solo dalla Lombardia.
La situazione che si presenta, leggendo la
Relazione semestrale della Direzione Investigativa Antimafia relativa a
Roma e alla Regione Lazio è sconfortante. La relazione relativa al Secondo Semestre 2021 è appena stata pubblicata e i dati relativi alla Regione Lazio non sono per nulla rassicuranti, né per la Capitale né per le altre province.
La “classifica”: Roma perde 44 posizioni, Frosinone e Latina le città più a rischio
I dati mettono
Frosinone e Latina fra le province laziali più a rischio con un indice di permeabilità medio-alto in quanto collocate rispettivamente al 22° e 26° posto su 106 province prese in esame, mentre
Viterbo e Rieti occupano rispettivamente la 44ª e 45ª posizione. Il livello di permeabilità nella provincia di Roma
è cresciuto di 3,28 punti facendo
risalire Roma di ben 44 posizioni nella non lusinghiera classifica delle città più esposte ai pericoli rappresentati dalle contaminazioni mafiose, assestandosi al
36° posto.
Roma e il Lazio offrono alla mafia innumerevoli opportunità di investimento. “La progressiva infiltrazione nel tessuto economico ed imprenditoriale rappresenta dunque il comune denominatore delle proiezioni derivanti dalle mafie tradizionali che sfruttano abilmente sia le caratteristiche di centralità geografica della rete autostradale e ferroviaria, nonché degli scali portuali e aeroportuali della Regione, sia la presenza di mafie autoctone le quali pur avendo il controllo di alcune porzioni di territorio devono necessariamente appoggiarsi a strutture più solide e ramificate per poter utilmente avviare e portare a termine i loro affari illeciti”, si legge nel rapporto.
Ovviamente anche il traffico di sostanze stupefacenti resta attivo, gestito solitamente gestite da mafie locali e rifornito solitamente da soggetti legati alle più note organizzazioni criminali campane, calabresi, siciliane o pugliesi.
Un’altro modo per portare soldi puliti alla criminalità è il riciclaggio attraverso l’emissione di fatture per operazioni inesistenti. Oppure, così come da tempo gli investigatori sanno, attraverso la gestione di bar e ristoranti ben avviati, soprattutto delle zone del centro e di Roma nord.
Perfette repliche delle mafie locali
E se al centro e nelle periferie romane le famiglie mafiose si spartiscono i territori, anche il litorale, da nord a sud, ha la sua organizzazione, che si regge su un equilibrio molto delicato. Guardando verso Anzio e Nettuno, la ‘ndrangheta si è dimostrata in grado di replicare, a notevole distanza dalla Calabria, le strutture criminali tipiche dei luoghi di origine, non solo per gli interessi relativi al traffico di stupefacenti che sono strettamente legati all’indiscussa capacità di intessere legami con le più potenti organizzazioni criminali del Centro e del Sud America, ma anche per la gestione di svariate attività economiche.
Il rapporto parla anche dei reati contro la pubblica amministrazione e accordi con le altre realtà criminali, che farebbero inoltre da “sfondo all’acquisizione di un ruolo egemone anche in un’area che per la contiguità geografica era in passato sicuramente più esposta all’azione delle consorterie camorristiche. Queste ultime, tuttavia, seguendo regole non scritte di collaborazione e non belligeranza avrebbero saputo costruire e consolidare nel tempo i legami con le famiglie di origine calabrese anche in virtù alle cointeressenze sul litorale romano e pontino”. La ‘Ndrangheta, secondo le ipotesi investigative, avrebbe preso “il controllo delle zone del litorale a sud della Capitale in particolare Anzio, Nettuno e Ardea, nonché gestito operazioni di narcotraffico internazionale e arrivando ad infiltrarsi finanche nelle pubbliche amministrazioni di quel territorio”.
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