Roma. Lo sport è una palestra di vita, soprattutto per i giovani, perché spesso si configura quale microcosmo sociale, all’interno del quale si riverberano comportamenti, abitudini e problematiche tipiche della società in generale.
Lo sport come palestra sociale
Esso offre come una sorta di simulazione della vita reale, attraverso la quale è possibile confrontarsi con i problemi che troveremo una volta lì fuori, nel campo di gioco ”vero”. E, proprio come nel tessuto sociale, anche nello sport il contatto con gli altri è fondamentale per andare avanti, vincere e crescere. Ma spesso questo contatto può essere traumatico. Crescere vuol dire anche confrontarsi con i problemi che ogni società può avere, e anche in questo caso lo sport non fa eccezioni.
La partita di domenica: una pagina da dimenticare
Proprio domenica scorsa, è stata scritta sul campo di una serena partita di calcio giovanile una delle pagine più brutte dello sport in generale. Erano i minuti finali di una partita del girone B del ampionato provinciale U17 della società Alba Roma 1907. Una partita piacevole, correttamente giocata dalle due squadre e finita senza alcuna particolare animosità. I giovani in campo hanno offerto un modello di interazione sportivo-sociale davvero paradigmatico. L’agonismo c’era, ma era un agonismo sano, rispettoso. Ad un tratto, nei minuti finali più concitati, si accende una discussione in campo. Il peggio, però, arriva quando ad intervenire è un adulto dal bordo campo, che ha deciso di rivolgersi ad un giocatore dell’Alba Romo con un epiteto romanesco particolarmente sconveniente, soprattutto se si è avuta una perdita in famiglia. Letteralmente: ”Li mortacci tua!”
Leggi anche: Roma, offese, appostamenti e aggressioni fisiche ad una 39enne: il suo difetto? Essere straniera
Il lutto del ragazzo e la mortificazione in campo
Non solo un epiteto poco elegante, non solo sconveniente e assolutamente irrispettoso, soprattutto quando è un adulto a rivolgersi ad un ragazzo, un uomo che, in realtà, dovrebbe dare esempio di maturità. Ma addirittura la reiterazione davanti al lutto del ragazzo. Si, perché il ragazzo ha risposto che poteva accettare qualsiasi tipo di insulto, ma non quello, perché da poco aveva avuto un triste lutto in famiglia, avendo perso la madre. Ecco: errare è umano, perseverare è diabolico, come dice il noto proverbio. E di fatto, così è stata la risposta dell’adulto, davanti alle affermazioni del ragazzo. Un ghigno si è disegnato sul suo volto sprezzante, e poi ha aggiunto: “…e allora mortacci tua due volte”. Il ragazzo non ci ha visto più, il nervosismo è salito alle stelle, e per poco non si è scatenata una zuffa in mezzo al campo, se non fossero intervenuti a sedarla, tra il rammarico e la mortificazione di giocatori e genitori degli avversari.
Le scuse mai arrivate dall’uomo
Un’offesa che ha riaperto certamente delle ferite non ancora rimarginate nel ragazzo. Una mancanza di rispetto tale che ha gettato tutti gli astanti nell’imbarazzo e nella mortificazione. Dato il trauma subito dal ragazzo, poi, il Presidente dell’Alba Roma ha chiesto e concordato con un rappresentante della squadra avversaria che questa persona ”adulta” si recasse al campo di allenamento dei biancoverdi a porgere le proprie scuse al ragazzo. Ma non è ancora arrivato quel giorno.
Le parole del Presidente dell’Alba Roma sulla vicenda
Il resto, poi, è stato un procrastinarsi continuo di tali scuse: si sa, per chiedere scusa bisogna essere maturi, e ”adulti”. E, così, tra un “sì vengo però…” e un “..oggi non posso”, non è ancora avvenuto il fatidico momento. Sull’accaduto, le parole del Presidente dell’Alba Roma sono state: “Sono ancora scosso per l’accaduto e dispiaciuto per la mortificazione subita dal mio giocatore. Aggiungo anche che questa persona, per la gravità di quello che ha commesso, avrebbe meritato una punizione esemplare e non una semplice inibizione di 10 giorni, pur consapevole che la Giustizia Sportiva risponde e giudica rispetto a dati oggettivi”.