Un’informativa ai cittadini, per metterli in condivisione della raccolta firme “Un cuore che batte”, ritenuta dal Municipio VI di pubblico interesse. La petizione, però, è volta all’introduzione del comma 1-bis nell’art.14 della legge 194, che tutela il diritto all’aborto. Il diritto per tante donne rimarrebbe, certo, ma stabilisce l’obbligo per il medico di sottoporre le gestanti ad ascoltare il battito del feto, insistendo sulla loro volontà e libertà di scelta.
Il Municipio VI promuove una raccolta firme contro l’aborto
Il Municipio VI ci mette la faccia e il 13 ottobre ha ospitato sulla pagina Facebook del miniparlamentino il messaggio con cui invitava i cittadini delle Torri ad aderire alla raccolta firme. “Gli interessati”, si legge nel messaggio, “potranno recarsi presso il Municipio Roma VI delle Torri al primo piano, stanza 23, il lunedì e il mercoledì dalle 9 alle 12″. La comunicazione è finita poi anche sul sito del Comune di Roma, provocando sdegno tra i cittadini e diversi referenti politici. “Mai vista una cosa del genere sui canali istituzionali”, lamentano alcuni sui social. Il post è stato rimosso, la comunicazione sul sito del Comune di Roma però rimane.
“Sono rimasta sconcertata dalla scelta del Municipio VI, unico guidato dalla destra a Roma, di pubblicare sul proprio profilo facebook, che rappresenta un canale istituzionale, la raccolta firme per la proposta di legge di iniziativa popolare “Un cuore che batte”, è intervenuta in una nota Emanuela Droghei, consigliera regionale e coordinatrice segreteria Pd Roma, “All’inizio credevo fosse uno scherzo, magari un profilo parodia, invece è tutto vero e inaccettabile. È inaccettabile che un profilo istituzionale sponsorizzi una raccolta firme di iniziativa popolare e che lo faccia con tanto di locandina che rilancia la proposta. Ma d’altronde questa è la destra, da sempre contro le donne”.
Cosa prevede il comma 1-bis nella legge 194?
La petizione “Un cuore che Batte” supporta la proposta di legge di iniziativa popolare che introduce nell’art.14 della legge 194 del 22 maggio 1978 il comma 1-bis. Tale comma, che vede l’adesione in prima linea associazioni come Pro Vita & Famiglia e Militia Christi, farebbe in modo che “Il medico che effettua la visita che precede l’interruzione volontaria di gravidanza ai sensi della presente legge, è obbligato a far vedere, tramite esami strumentali, alla donna intenzionata ad abortire, il nascituro che porta nel grembo e a farle ascoltare il battito cardiaco dello stesso”.
Perché una raccolta firme è sui canali istituzionali?
La promozione che il Municipio VI di Roma Capitale ha attuato nei confronti della legge di iniziativa popolare “Un cuore che Batte” si inserisce in un tentativo di promuovere la democrazia diretta, a discapito della democrazia rappresentativa.
L’Italia è una repubblica parlamentare e una democrazia rappresentativa, si fonda cioè su una forma di governo democratica nella quale i cittadini, aventi diritto di voto, eleggono direttamente dei rappresentanti per essere governati (in contrapposizione alla democrazia diretta).
Come spiegato dal blog Politica semplice, “essendo la democrazia diretta in antitesi con quella rappresentativa, si considerano strumenti di democrazia diretta quegli istituti che consentono ai cittadini di aggirare o scavalcare il potere degli organi rappresentativi delle moderne democrazie, ovvero degli organi generalmente dotati di potere legislativo”.
In poche parole, pubblicando una petizione sui canali di comunicazione del Municipio VI e del Comune di Roma, si chiede ai cittadini di esprimersi su un tema di pubblico interesse attraverso canali istituzionali, scavalcandone però l’autorevolezza e influenzando i cittadini al voto.