Server della Regione Lazio in tilt, ancora una volta. Da Latina a Viterbo, la pubblica amministrazione degli enti locali è nel caos, con pratiche da sbrigare a mano fino a che non sarà sventato l’attacco hacker.
Un altro attacco alle infrastrutture informatiche del Lazio, stavolta tocca però ai comuni di Viterbo, Latina, Rieti e Frosinone. I siti degli enti locali sono infatti down a causa di un attacco hacker che l’8 dicembre ha paralizzato la pubblica amministrazione dei comuni laziali, costringendoli a rinunciare ai documenti dematerializzati: per sopperire alle pratiche, fino a che il problema non sarà risolto, si potrà andare solo di carta e penna.
Attacco hacker ai comuni di Viterbo, Latina, Rieti e Frosinone: cos’è successo
L’attacco avrebbe avuto inizio nelle prime ore di venerdì 8 dicembre e avrebbe paralizzato i server di Wespole, società che ha in carico il sito del Comune di Viterbo. Come si apprende infatti da quest’ultimo: “Il comando di polizia locale ha attivato un apposito numero di cellulare da utilizzare per reali e concrete emergenze. È il 3663412468, attivo dalle ore 7,45 alle ore 20. Tale servizio è stato messo a disposizione dei cittadini, a seguito dell’attacco hacker ai danni della società Westpole s.p.a., che eroga servizi a PA Digitale e che sta provocando disservizi a numerose pubbliche amministrazioni italiane, tra cui il Comune di Viterbo”.
Sembra infatti che oltre a Viterbo, la minaccia informatica abbia colpito molti altri comuni su tutto il territorio regionale. Il primo a segnalare l’interruzione nell’infrastruttura informatica, fondamentale per la pubblica amministrazione degli enti locali, sarebbe stato il Comune di Rieti. A questo si sono aggiunti però anche Fiumicino, Latina, così come Bassiano e Castelforte.
Stando agli esperti che stanno cercando di comprendere meglio la natura dell’attacco, sembra si possa parlare di un ransomware, come quello che già nel 2021 o al sito di Zetéma lo scorso settembre colpì i sistemi della Regione Lazio a guida Zingaretti. I ransomware tendono a bloccare il funzionamento dei domini online in cambio, genericamente, di quantità di denaro estorte via Bitcoin o criptovalute, come un riscatto da parte dei pirati informatici che avrebbero lanciato l’attacco.