Roma. Un protocollo consolidato, uno schema ben oleato, prassi allo stato puro. E il concetto, maledettamente semplice: al posto di pulire la città, nel turno notturno, un gruppetto di netturbini conduceva i furgoncini dell’Ama verso un deposito occultato e svuotava il carburante in un serbatoio. Inutile sottolineare il valore della merce accumulata, che di questi tempi è più che palese. Il carburante, ovviamente, veniva rivenduto.
Il lavoretto dei netturbini Ama per arrotondare
Un lavoretto ”secondario” per arrotondare, nell’assoluta illegalità, che secondo chi è alle prese con l’indagine sarebbe avvenuto tranquillamente, sotto il naso dei responsabili aziendali. Ma c’è di più, perché all’essere umano piace osare: l’attività non si sarebbe fermata neppure quando il caso è venuto a galla con tutta la serie di accertamenti interni che ne sono scaturiti dopo la notizia. Verifiche carenti, dicono gli inquirenti, superficiali, al punto che funzionari e dirigenti addetti alla vigilanza, ora, potrebbero anche loro finire sotto indagine, almeno dal punto di vista contabile come racconta il Messaggero.
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Le indagini in corso e gli indagati
Le indagini, intanto, proseguono e gli indagati al momento sarebbero 19 in tutto. Oltre ai 4 netturbini finiti in carcere con un’accusa di associazione a delinquere assieme ad altre tre complici, ci sarebbero anche i clienti che hanno acquistato il carburante sottratto. E ancora, altri 8 dipendenti Ama che avrebbero utilizzato i buoni benzina di servizio per fare il pieno alla loro auto. Il buco scavato in azienda solamente per questo è una voragine: 200.000 euro.
Le intercettazioni e la mancanza di controlli
La questione più calda, al momento, che la dice lunga sulla complessità della vicenda, è l’ipotesi della mancanza di controlli da parte dei responsabili della municipalizzata, che emerge anche dall’ordinanza di arresto, che riportiamo qui: ”Ciascuno agiva come meglio riteneva, in terra di nessuno, sicuro dell’assenza di verifiche”, scrive il gip. Agli atti, arriva anche il racconto di una pentita, che ha dichiarato di avere partecipato ai furti di benzina. Il racconto della pentita sottolinea come il guadagno giornaliero fosse di circa 100 euro. ”Tutto avveniva nella massima tranquillità, poiché i rifornimenti di carburante aziendale venivano effettuati presso lo stabilimento Ama e non c’era alcun controllo”. Ad ulteriore riprova, poi, anche le intercettazioni passate in rassegna: ” In Ama non sanno un c…», diceva al telefono uno degli indagati mentre parlava con il suo interlocutore.