A lui la vita in pochi istanti l’hanno spezzata, calcio dopo calcio, pugno dopo pugno. Lo hanno lasciato lì, a terra, in una pozza di sangue e per il caporal maggiore dell’esercito Danilo Lucente Pipitone non c’è stato nulla da fare, nonostante la corsa disperata in ospedale, prima al Vannini, poi all’Umberto I di Roma. È qui che domenica pomeriggio i medici, che avevano tentato il possibile, hanno dovuto dichiarare il decesso. Il suo cuore ha smesso di battere, ma fino alla fine il 44enne ha dimostrato di essere generoso. E i suoi organi sono stati donati: ora salveranno quattro vite. Lo aveva voluto lui, lo aveva messo nero su bianco sulla carta d’identità: quella era la sua volontà, l’ultima, ma non poteva certo immaginare che in una serata, che doveva essere come tante sarebbe stato aggredito violentemente. Massacrato di botte e ucciso.
Come è stato ucciso Danilo Lucente Pipitone
Ancora non è chiara la dinamica, bisogna ricostruire quei momenti. Quello che è certo è che nella notte tra venerdì e sabato, poco dopo le 2, Danilo Lucente Pipitone, originario di Erice, in provincia di Trapani, è stato trovato in strada, sul marciapiede in via dei Sesami, all’angolo con viale Palmiro Togliatti, in zona Centocelle. Chi lo ha aggredito è fuggito via, senza lasciare traccia. O almeno quasi. I testimoni hanno raccontato di aver visto un uomo scappare a bordo di un’auto: è lui l’aggressore? E perché tanta violenza? Una rapina finita male? Una lite per un parcheggio? Domande alle quali bisognerà ancora rispondere, ma il cerchio inizia a stringersi.
Un sospettato c’è
Al momento un sospettato c’è. Si tratta del tunisino 33enne Mohamed Abidi, che era arrivato in Italia come calciatore per giocare nel Bologna. Nessuna fortuna nel mondo dello sport, ma diversi precedenti penali alle spalle: lui, infatti, sarebbe stato in carcere fino al 4 aprile del 2018 per spaccio di droga, mentre l’ultimo atto dall’Ufficio Immigrazione della Capitale risalirebbe al 2013. Ora è ricercato dalla Polizia. È stato lui ad aver aggredire il militare? Lui lo ha colpito con un pugno al volto, che non gli ha lasciato scampo? Le botte, poi la caduta a terra, la testa che sbatte violentemente e quella corsa in ospedale con ogni tentativo risultato, purtroppo, vano.
Gli organi del militare sono stati donati
Mentre gli agenti di Polizia della Squadra Mobile continuano ad indagare, gli organi del militare sono stati donati. L’ultimo immenso gesto d’amore da parte di chi aveva fatto sua una missione: aiutare gli altri. Danilo Lucente Pipitone lo aveva fatto dal 2002, da quando aveva indossato per la prima volta la divisa: prima come bersagliere, poi come infermiere, in missione in Nigeria e in Albania. Fino al suo ‘ultimo lavoro’ nell’ospedale militare del Celio: qui, durante la pandemia, era stato fondamentale nel reparto di terapia intensiva. Ora, grazie a lui, quattro persone potranno ancora vivere.
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