Tra una variante e l’altra, dopo oltre due anni di pandemia, non sembra esserci tregua: il virus continua a circolare in Italia (e non solo). E se da una parte molte delle restrizioni non esistono più, tra mascherine sempre meno richieste e Green Pass quasi ‘superato’, dall’altra i casi positivi continuano ad esserci. E quella conta, tra morti, ricoveri e terapie intensive, non è certo finita. Anzi, il contrario. Dopo la variante Omicron, dal Sudafrica sono arrivate altre due mutazioni del virus, che sembrerebbero essere ancora più contagiose. E, quindi, inevitabilmente nuovi sintomi e nuovi campanelli d’allarme.
Quali sono i sintomi della variante Omicron 4 e Omicron 5?
Omicron continua a regalarci delle sorprese, non certo così belle. Anzi, come ha spiegato Fabrizio Pregliasco sulle pagine di Repubblica, queste nuove mutazioni sembrerebbero essere più ‘cattive’, non certo simili a dei banali raffreddori. Tra i sintomi: poca tosse, ma più naso che cola, meno febbre, ma più spossatezza. E a questi si aggiungono vertigini, dolori allo stomaco, all’addome e all’orecchio. Secondo l’esperto Pregliasco i casi sono ancora troppo pochi, ma la contagiosità di queste due mutazioni non si può (e purtroppo) mettere in dubbio.
“Di certo – ha spiegato – non provocano un semplice raffreddore, anche se spesso vediamo nei pazienti naso che cola. Causano meno perdita del gusto e dell’olfatto, vertigini e mal d’orecchio. In sostanza, attaccano meno i polmoni e più le prime vie respiratorie. Questo è ciò che ora sappiamo”.
La scoperta delle mutazioni in Sudafrica
La variante Omicron 4 e quella 5 arrivano dal Sudafrica. La prima è stata isolata a gennaio e, stando ai dati dell’Agenzia Britannica UK Health Security Agency, al 25 marzo sarebbe stata registrata sì in Sudafrica, ma anche in Danimarca, in Scozia e in Inghilterra. La seconda, invece, Omicron 5, è comparsa a febbraio ed entrambe sembrerebbero essere molto più contagiose delle precedenti. Anzi, sembra che queste due sotto-varianti siano in grado di bucare l’immunità prodotta dopo un’infezione con Omicron 2, soprattutto nelle persone non vaccinate: questo è quello che è emerso da una ricerca dell’Africa Health Research Institute di Durban.