Sono stati scoperti grazie ai controlli allo stadio, in occasione dell’incontro di calcio Lazio-Napoli, svoltosi allo stadio Olimpico di Roma l’11 gennaio del 2020. È stato in quell’occasione che sono partite le indagini che ora, a distanza di tre anni, hanno portato gli agenti della Guardia di Finanza di Roma, con il supporto del Comando Provinciale della Guardia di Finanza di Napoli, ad eseguire provvedimento del Giudice per le Indagini Preliminari del Tribunale, che ha disposto la misura degli arresti domiciliari nei confronti di tre persone e l’obbligo di presentazione alla polizia giudiziaria nei confronti di altre tre persone, tutte gravemente indiziate di essere partecipi, a vario titolo, di un più ampio gruppo attivo sul territorio nazionale, dedito alla commissione di numerose frodi informatiche e alla clonazione di strumenti elettronici di pagamento e titoli di accesso.
Con lo stesso provvedimento è stato anche disposto, nei confronti degli indagati, il sequestro preventivo – anche per equivalente – di disponibilità finanziarie e beni del valore di circa 250.000.000 euro, in quanto profitto del reato.
Dai lieti falsi alla clonazione delle carte di credito
Tutto parte appunto nel gennaio 2020, nel corso della partita Lazio-Napoli, a seguito del sequestro di alcuni biglietti di ingresso allo stadio contraffatti. I militari hanno poi controllato gli smartphone delle persone ipotizzate quali responsabili della commercializzazione dei biglietti. Dall’esame degli apparecchi sono emerse numerose chat che hanno rivelato l’esistenza di una più vasta rete, radicata nella provincia di Napoli, dedita alla commissione di frodi informatiche.
Sono quindi partiti dei controlli più approfonditi, condotti dai finanzieri del Nucleo di Polizia Economico-Finanziaria di Roma, che hanno permesso di tracciare circa 40 episodi di truffa perpetrati dagli indagati nei confronti di ignari clienti di istituti di credito.
Come funzionava la truffa
Attraverso evoluti sistemi di clonazione delle carte di credito e delle credenziali per i servizi di internet banking, in particolare, i truffatori si sostituivano al legittimo titolare del rapporto finanziario, trasferendo rapidamente le somme depositate in conti correnti intestati a prestanome. Il denaro così sottratto veniva poi prelevato in contante ovvero frazionato e inviato – mediante ulteriori bonifici anche di importo non significativo – su numerosi altri conti correnti. Per attuare le frodi, si accertava che gli indagati in primo luogo acquisivano sul dark web informazioni sulle banche presso cui le vittime erano intestatarie di conti correnti. Successivamente, gli stessi sottraevano alle vittime le informazioni utili a garantirsi l’accesso al loro conto attraverso una telefonata o SMS originati da un numero apparentemente riconducibile all’istituto di credito, segnalando presunte movimentazioni anomale registrate sugli stessi.
Infine, le somme illecitamente sottratte venivano prelevate in contanti da soggetti incaricati della “monetizzazione”, i quali a riscontro inviavano agli ideatori della truffa il filmato dell’avvenuta operazione. L’utilizzo dei proventi illecitamente acquisiti venivano poi utilizzati per pagare soggiorni in hotel, residenze di lusso e per l’acquisto di beni preziosi, tra cui orologi di lusso e dispositivi elettronici di ultima tecnologia.