Le aveva detto di non andare a quell’assemblea e addirittura di dimettersi dall’incarico di consigliera. Ma lei non voleva sentire ragioni, era guidata solo dal suo senso del dovere. E certo non poteva immaginare che domenica mattina, nel corso di una riunione condominiale, sarebbe stata uccisa. E senza pietà da un uomo, Claudio Campiti, che ha prima ritirato l’arma al poligono (sul quale ora ci sono indagini in corso), poi con quella pistola in tasca si è presentato all’assemblea. E ha aperto fuoco nel gazebo esterno del bar Al posto giusto, in via Monte Giberto, in zona Colle Salario. Ha ‘puntato’ il tavolo dei consiglieri, ha urlato ‘Vi ammazzo tutti’. E in parte lo ha fatto perché tre donne, tre vittime innocenti, hanno perso la vita. In pochi e tragici istanti. Sarebbe stata una strage, forse, se quell’uomo non fosse stato fermato e disarmato: lui aveva pianificato tutto, aveva portato con sé uno zaino. E ben 170 proiettili.
Tra le vittime anche Sabina Sperandio, 71 anni, consigliera del Consorzio Valleverde. Lei non voleva lasciare quel posto e domenica, nonostante il marito le avesse chiesto di restare a casa, lei è salita in auto, si è presentata all’assemblea. E lì durante quella riunione è stata uccisa da Campiti, che già in passato era stato denunciato dai consorziati. Non voleva pagare, sul suo blog parlava di inferno. E leggere quelle minacce con il senno di poi fa pensare che, forse, tutto si poteva evitare.
Il dolore del marito di Sabina Sperandio uccisa da Campiti
“Mia moglie era una santissima donna. Non meritava di essere ammazzata in quel modo”, ha detto, tra rabbia e dolore, Claudio D’Angelo, marito di Sabina Sperandio ai microfoni del quotidiano La Stampa. “Le ho chiesto di non andare, ma lei non mi ha voluto ascoltare e si è recata all’incontro. Per lei il dovere veniva prima di tutto”. Ma ora l’uomo non riesce a crederci. “Claudio Campiti è vendicativo, non facciamolo passare per un matto”.
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“Io, in verità, avrei voluto che addirittura si dimettesse dall’incarico di consigliera – spiega il marito -. Con tutti i guai di quei contenziosi con Campiti c’era un’aria che non mi piaceva. Lo avevo detto a mia moglie, ma per lei il dovere veniva prima di tutto. Era una donna molto generosa e altruista”.
‘Non perdono’
Il marito di Sabina non riesce a perdonare Claudio Campiti. E non riesce a capire come l’arma sia potuta uscire dal poligono senza che nessuno se ne sia accorto. “Io non lo so cosa gli è passato per la testa. E nemmeno lo voglio sapere. So solo che io, come i familiari delle altre due vittime, sto patendo le pene dell’inferno. Mi dispiace ma non posso perdonare quell’uomo, non posso perdonare quello che ha fatto. Anzi le dico di più: ormai in giro ci sono troppe persone che compiono delle atrocità e vogliono farsi passare per matti. Ma matti non sono. E non possono essere perdonati”.
Restano il dolore e la rabbia di chi, in pochi istanti, ha perso una moglie, una mamma, un’amica. Per mano di un uomo che non ha avuto scrupoli: si è presentato alla riunione, ha estratto dalla tasca la pistola e ha ucciso tre donne. Tre innocenti disarmate, che non potevano difendersi. Quasi come se Campiti si trovasse al tiro a bersaglio. Ma lì c’erano delle persone. Con storie e passati diversi, legate dallo stesso e terribile destino.