Continua il nostro viaggio alla scoperta di storie e curiosità di Roma e del Lazio. Oggi siamo nella capitale d’Italia e parliamo di qualcosa che ha a che fare con la storia. Sapete chi viveva a Roma prima dell’arrivo dei Romani? Scopriamolo insieme.
Viveva a Roma la più antica comunità di Neanderthal di cui sia mai stata trovata traccia in Europa: lo dimostra la datazione di ossa umane e animali ritrovate lungo la valle dell’Aniene e risalenti ad almeno 250.000 anni fa.
Un po’ di storia
Prima di addentrarci in quello che è il focus del giorno, come sempre un po’ di storia. Secondo la tradizione, Roma fu costruita sopra sette colli, la cui identificazione si perde nella storia delle origini della città, lasciando ancora moltissimi dubbi. Il nucleo centrale e antico della città è costituito dagli storici sette colli: Palatino, Aventino, Campidoglio, Quirinale, Viminale, Esquilino e Celio.
Simboli della Capitale d’Italia, oltre allo stemma comunale, sono la lupa capitolina, statua raffigurante la lupa che allattò i due gemelli Romolo e Remo; il Colosseo, il più grande anfiteatro del mondo romano; il Cupolone, la cupola della Basilica di San Pietro in Vaticano, che domina tutta la città e simboleggia il mondo cristiano. Roma, inoltre, è la città con la più alta concentrazione di beni storici e architettonici al mondo.
Chi viveva a Roma prima dei Romani?
Veniamo ora al focus del giorno: chi viveva a Roma prima dell’arrivo dei Romani? Abbiamo detto, nella breve introduzione di questo articolo, che a Roma viveva la più antica comunità di Neanderthal di cui sia mai stata trovata traccia in Europa: lo dimostra la datazione di ossa umane e animali ritrovate lungo la valle dell’Aniene e risalenti ad almeno 250.000 anni fa.
Li hanno analizzati i ricercatori dell’Istituto Nazionale di Geofisica e Vulcanologia (Ingv), in collaborazione con i paleontologi delle Università della Sapienza, Tor Vergata e Roma Tre. I risultati, pubblicati sulla rivista Plos One, aprono nuovi scenari sulle tappe dell’evoluzione dell’uomo e sui flussi migratori attraverso il Vecchio Continente.
Questo studio conferma la datazione che era stata fatta del sito di Saccopastore dove negli anni ’30 erano stati ritrovati due crani di Homo neanderthalensis. Grazie a nuovi studi, si è capito che i terreni erano più antichi di quanto ipotizzato: 250.000 anni contro gli 80.000-125.000 delle stime precedenti. La conferma è venuta dal riesame dei resti fossili di daini appartenenti alla sottospecie Dama dama tiberina, raccolti insieme ai resti umani e conservati presso il Museo Nazionale Preistorico Etnografico Luigi Pigorini di Roma.
La seconda novità dello studio
L’altra novità dello studio riguarda alcuni frammenti di ossa umane ritrovati insieme a resti faunistici e numerosi strumenti in selce in quattro località vicine che si trovano tutte a Roma: Ponte Mammolo, Sedia del Diavolo, Casal de’ Pazzi e Monte delle Gioie. I ricercatori sono riusciti a stabilire l’età dei terreni in cui furono ritrovati, datandoli tra i 295.000 e i 245.000 anni fa.
”I resti della Valle dell’Aniene costituiscono la più antica evidenza diretta della presenza dell’uomo di Neanderthal sul continente europeo”, ha detto l’ex dirigente del comune di Roma, Raffaele Marra. ”Gli uomini di Neanderthal potrebbero essere stati pertanto i protagonisti di una nuova antropizzazione dell’Europa avvenuta più di 250.000 anni fa: anche allora passando attraverso un’Italia ospitale, almeno dal punto di vista climatico, dove proprio nella sua capitale avrebbero stabilito una delle prime comunità”.