Una notizia che, a quanto pare, è nuova, ma non nuovissima. Anzi. Pare che quattro anni fa fosse già nota la “grave” situazione in cui versavano alcuni centri per migranti gestiti dalle coop della suocera e della moglie del deputato Aboubakar Soumahoro. Ad accertarlo era stato il Ministero dell’Interno e l’Ufficio III della Direzione centrale dei servizi civili per l’immigrazione, che lo specificava in un documento trasmesso al Comune di Roccagorga, il piccolo centro dei Lepini all’interno del quale la cooperativa in questione aveva iniziato a muovere i primi passi. Nonostante questo, però, tanto la cooperativa Karibu quanto il Consorzio Aid – sulle quali la lente della Procura di Latina sta indagando in una complessa inchiesta – hanno continuato ad operare e, soprattutto, ad incassare milioni di euro. E questo è andato avanti fin quando i lavoratori che da oltre due anni non venivano stipendiati hanno deciso di rivolgersi alla Uiltucs. Il resto è venuto giù a cascata: sono spuntati fuori elementi e storie che riguardavano anche minorenni stranieri costretti a vivere senza cibo, acqua e luce. Uno scandalo in piena regola.
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La coop Soumahoro e la nota del Viminale del 2019
Torniamo, dunque, al 31 dicembre 2019, quando dal Viminale venne trasmessa una nota particolarmente pesante agli uffici del Comune di Roggagorga, che in quell’anno era amministrato dalla sindaca dem Carla Amici, sorella dell’ex sottosegretaria Sesa. Il riferimento contenuto al suo interno era al progetto Sprar anno 2014-2016, che era stato ammesso a finanziamento. Sul tema, il Ministero specificava che la seconda visita di monitoraggio effettuata il 26 e 28 novembre 2018 aveva evidenziato una serie di ”criticità rilevate” per cui era sfociata in una catena di prescrizioni: l’ente doveva allinearsi alle modifiche e per farlo aveva solamente 20 giorni a disposizione. Nella nota ufficiale, esaminata da Repubblica e trasmessa in un articolo di oggi, il Viminale aggiungeva, inoltre, che dal Comune non era arrivato nessun riscontro circa le prescrizioni ricevute che “tenuto conto della gravità della situazione emersa” dovevano essere prese seriamente in considerazione, e ottemperate. In caso di mancato riscontro ed ottemperamento, il finanziamento poteva anche essere revocato. Nonostante il burocratese con il quale viene redatta la nota, si capisce chiaramente che il quadro era abbastanza chiaro. Tra le diverse criticità, risultava ad esempio il “mancato rispetto della percentuali di posti destinati al sistema di protezione indicate nella domanda di contributo”, così come la “mancata corrispondenza tra i servizi descritti nella domanda di contributo e quelli effettivamente erogati”, e ancora la “mancata applicazione di quanto previsto dalle linee guida anche in termini di standard qualitativi e quantitativi”.
Foto dal profilo Instagram @aboubakar_soum