Dopo oltre 30 anni di indagini e decine di piste sbagliate, Pietro Orlandi è stanco di mezze verità e insabbiamenti sulla morte di sua sorella. “Non mi fido più né della Procura di Roma, né di quella vaticana”, ha così detto ai microfoni di “Gazzetta ladra”, durante la messa in onda su Radio Cusano Campus. Parole forti, soprattutto dopo gli ultimi tentativi di trovare un dialogo con il Santo Padre. Non è bastato per risalire alla verità su Emanuela Orlandi, soprattutto dopo che è emersa la pista familiare. “Ho consegnato documenti molto importanti sulla scomparsa di mia sorella, ma preferiscono indagare sulla pista familiare”, ha così commentato Pietro Orlandi.
Indagine aperta, nessuna svolta
La Procura di Roma ha riaperto a maggio il fascicolo sulla sparizione di Emanuela Orlandi, cittadina vaticana scomparsa nel nulla nel 1983. Una decisione favorita anche dalle ultime rivelazioni che la vorrebbe seppellita, invece, a pochi km da casa. In un’intervista su ItaliaOggi, a giugno un ex Carabiniere affermò che il corpo della Orlandi si troverebbe “nei sotterranei del Castel Sant’ Angelo, o Mole Adriana, altrimenti detta Mausoleo di Adriano, dietro una porta rinforzata dovrebbe trovarsi una stanza di circa 20 metri quadri”. Qui, secondo le dichiarazioni, “dovrebbero trovarsi resti umani, tra cui quelli di Emanuela Orlandi e Mirella Gregori” (l’altra ragazza svanita nel nulla). Da allora però, non si è saputo più nulla.
“È una barzelletta quello che stanno facendo. Non sembrano persone all’altezza”, ha proseguito ai microfoni di Radio Cusano Campus, Pietro Orlandi, che il 25 giugno ha promosso un sit-in davanti a Castel Sant’Angelo per avere risposte. Anche l’istituzione di un’apposita Commissione d’inchiesta sul Caso Orlandi, approvata con voto alla Camera un mese fa, scalfisce solo in parte il muro di silenzi che la famiglia Orlandi ha incontrato in questi anni. “Il Vaticano non vuole la Commissione parlamentare. Inoltre, ho perso un amico come Andrea Purgatori, che ne avrebbe fatto parte come consulente esterno”.
La pista familiare
Secondo quanto emerge da un servizio del Tg de La7 andato in onda il 10 giugno 2023, alcuni mesi dopo la scomparsa della ragazza, l’allora Segretario di Stato Vaticano Agostino Casaroli scrisse, in via riservata, un messaggio a un sacerdote sudamericano inviato in Colombia da Papa Giovanni Paolo II, che era stato in passato consigliere spirituale e confessore degli Orlandi. La missiva puntava a chiarire se il religioso fosse a conoscenza del fatto che Mario Meneguzzi, zio di Emanuela, avesse molestato la sorella maggiore, Natalina.
Pietro Orlandi non ha mancato di sfatare questa pista organizzando una conferenza stampa l’11 giugno 2023, ma l’amarezza è ancora troppa. “La decisione di ritirare fuori la vecchia storia di mio zio è un chiaro segnale che la macchina del fango contro di me e la mia famiglia si è messa in moto”, ha ribadito durante l’intervista il fratello di Emanuela. “C’è la volontà da parte di qualcuno in Vaticano di allontanare il più possibile qualsiasi tipo di responsabilità interna, spostando il tiro sulla mia famiglia. Il loro obiettivo è chiaro: impedire la partenza della Commissione parlamentare d’inchiesta”.
La grande assenza di Andrea Purgatori
A scoraggiare Pietro Orlandi, poi, c’è la scomparsa prematura di un giornalista che, negli anni, ha seguito minuziosamente il caso. Su Andrea Purgatori in queste ore è in corso un accertamento della Procura di Roma per appurare le ragioni del decesso, ma la sua assenza segna profondamente anche il proseguimento delle indagini su Emanuela Orlandi. “In questi giorni”, ha continuato Pietro Orlandi, “ho perso un grande amico come Andrea Purgatori, che avrebbe fatto parte della Commissione parlamentare come consulente esterno. Lo vidi l’ultima volta il 6 giugno quando i senatori dubbiosi vollero ascoltare alcune persone per valutare il caso e Purgatori fece uno straordinario intervento mettendo a tacere coloro che ancora avevano dei dubbi ed erano contrari all’istituzione di una Commissione parlamentare d’inchiesta su Emanuela Orlandi”. In particolare, spiega Orlandi, tra questi ci sarebbero due senatori e lo stesso Procuratore vaticano Alessandro Diddi, che “ancora oggi sta facendo di tutto per non far partire la Commissione”, interviene.
Blitz all’auto di Pietro Orlandi
“Sappiamo che io non mi fermerò mai, andrò sempre avanti anche se dovessero ripetersi episodi intimidatori come il taglio delle gomme della mia auto o come la lettera di minacce arrivata a casa di mia madre qualche mese fa, in cui c’era scritto pagherai per tutto il male che hai fatto e le cose che hai detto’. Lettera minatoria che abbiamo ricevuto dopo le mie parole su Giovanni Paolo II”.
Circa 3 settimane fa, infatti, qualcuno avrebbe preso di mira l’auto di Pietro Orlandi, tagliando tutte e quattro le gomme del veicolo, e mandando in questo modo un messaggio abbastanza chiaro e univoco. La vettura era parcheggiata a poca distanza da casa sua a Borgo Pio. Il fratello di Emanuela, la giovane cittadina vaticana scomparsa 40 anni fa a Roma, ha poi deciso di denunciare il fatto presso le Forze dell’ordine e proseguire, costi quel che costi, la sua battaglia per verità e giustizia.