Storie di degrado e illegalità, quelle che ormai puntualmente sui vedono sulla Metro B. Nuovamente protagoniste le borseggiatrici, che ormai nella calca della banchina a Termini, sia in direzione Eur che verso Rebibbio/Ionio, hanno trovato il loro terreno di caccia per rubare. L’ultima trovata per rubare a ignari pendolari e turisti, è quello di bloccare le porte per non far partire il treno.
Le nuove tecniche delle borseggiatrici sulla Metro B
Ormai è un trasporto pubblico in balia dei rom nel Centro Storico, con pendolari e dipendenti ATAC che ormai si vedono rassegnati a tanta illegalità. Dopo i furti nelle calche delle banchine, oggi siamo arrivati anche a dover constatare il modo in cui, queste ragazze con il vizio del furto, sono arrivate a bloccare i treni. In gruppo si precipitano sul vagone da svaligiare, con una di loro che blocca le porta dei mezzi finché le amiche “colleghe” non finiscono di sottrarre portafogli e cellulari all’interno di quel convoglio.
La situazione da denuncia sulla Linea B
Resta che a queste situazioni, purtroppo, sembra non esserci soluzione da parte dello Stato. ATAC aveva provato a lanciare avvisi pubblici sugli schermi e tramite microfono, parlando del problema “borseggiatrici”. Notifiche prontamente contestate dai paladini del “politicamente corretto” e soprattutto il Centrosinistra in Campidoglio, con il sindaco Gualtieri che ha redarguito i dipendenti che avevano mandato quegli “alert” come razzisti. Eppure, alla fine della giostra, nonostante la problematica sia sentita, al momento il Campidoglio non ha fatto nulla per risolvere il problema.
Come si può viaggiare in questo modo?
Le borseggiatrici, attualmente, sono diventate il miglior disincentivo per non utilizzare i mezzi ATAC, specialmente quando si parla di Metro A e B. Dopotutto, soluzioni istituzionali sulla questione non si vedono, se non episodi dove le stesse borseggiatrici sono schiaffeggiate da pendolari inferociti. Ma, come sappiamo tutti, la giustizia personale non è mai una soluzione, soprattutto in un Paese “civile” come l’Italia.
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