L’ultimo giorno di stage in una Rsa di Ardea è stato un incubo per una giovane operatrice sanitaria. La 23enne è stata molestata nel cortile della casa di riposo dal giardiniere, a cui si era avvicinata per dare una mano e fare quattro chiacchiere. L’uomo invece avrebbe approfittato del momento di solitudine tra i due per approcciarla e abusare di lei. Il tirocinio della ragazza si è così concluso in modo traumatico, costringendola a sporgere denuncia e a rinunciare al suo percorso professionale, ormai una ferita aperta nella memoria della ragazza.
Giardiniere di una Rsa abusa di una stagista: condannato a 2 anni di carcere
È fine luglio 2021 quando per L. giunge al termine il suo periodo di formazione all’interno di una Rsa di Ardea. Lei, 23enne, sta per congedarsi dai colleghi di lavoro con cui ha condiviso gli ultimi mesi di formazione, importanti per una giovane che vuole avviarsi alla carriera come operatrice socio-sanitaria.
Peccato che da quel 23 luglio 2021 L. cambierà completamente idea sul suo futuro. Avrebbe dovuto salutare il personale della casa di riposo in serenità, invece proprio un dipendente turba quel giorno la sua. L., su richiesta dei colleghi, si reca così nel cortile della casa di riposo per cercare il giardiniere, un 55enne di origini rumene, e aiutarlo a raccogliere delle verdure che aveva coltivato.
I due chiacchierano un po’ nell’orto, uno scambio apparentemente normale tra colleghi. Quando però la 23enne carica la cassetta di ortofrutta per riportarla all’interno, lui la placca trattenendola per un braccio e tenta di abusare di lei. Dapprima la tocca ovunque e poi la bacia in bocca, lasciandola impietrita.
Violenza sessuale nell’orto di una Rsa: 6 mesi di riabilitazione per l’aggressore
Il tirocinio della ragazza nel 2021 giunge al termine, ma l’episodio ha influito successivamente sulla sua vita in modo indelebile. La giovane ha così denunciato l’accaduto, procedendo con l’accusa di violenza sessuale nei confronti del 55enne. Secondo la difesa dell’uomo, a cura dell’avvocata Simona Redina, in realtà la giovane non avrebbe espresso sufficientemente il rifiuto: nessun moto di ribellione e il suo silenzio indicherebbero che non ci fu alcuna violenza nei suoi confronti.
La verità è che quel che successe fu uno shock per la 23enne. Su questo concorda anche il collegio, presieduto da Maria Bonaventura, per cui ci sono sufficienti elementi per condannare l’imputato: dovrà scontare 2 anni di carcere e sostenere 6 mesi di riabilitazione in un centro specializzato nel recupero di uomini violenti.