La notte del 17 gennaio 1991, venticinque anni fa, moriva Giacomo Manzù, lo scultore bergamasco che ha lasciato un’impronta indelebile nel mondo dell’arte del Novecento. Una grande personalità di Ardea, un artista che ha lasciato un segno indelebile nel mondo. Noi de Il Corriere della Città lo vogliamo ricordare attraverso la sua storia.
GIACOMO MANZU’
Dodicesimo figlio del calzolaio e sagrestano Angelo Manzoni e della moglie Maria Pesenti, impara presto a lavorare ed intagliare il legno. S’avvicina all’arte durante il servizio militare, svolto a Verona (1927/’28), dove studia le porte di San Zeno e i calchi dell’Accademia di Belle Arti “Giambettino Cignaroli”. Nel 1929, dopo un breve soggiorno a Parigi, Manzù va a vivere a Milano, dove l’architetto Giovanni Muzio gli commissiona la decorazione della cappella dell’Università Cattolica del Sacro Cuore, che verrà eseguita tra il 1931 ed il 1932. Sempre nel ’32 partecipa ad una mostra collettiva presso la Galleria il Milione. Nel 1933, espone alla Triennale di Milano una serie di busti che gli valgono apprezzamenti e l’anno successivo tiene la sua prima mostra importante col pittore Aligi Sassu, con cui condivide lo studio, alla galleria “Cometa” di Roma. Nel 1934 sposa Antonia Orena. Nel 1938 inizia la serie dei Cardinali, tema iconografico di tutta la sua carriera. Il primo Cardinale seduto, di 65 cm di altezza, verrà esposto alla Quadriennale di Roma del 1939 insieme al David, e successivamente acquistato dalla Galleria d’Arte Moderna di Roma. Produrrà più di 300 versioni di questo tema, differenti per dimensioni, posizione e materiali, fra queste il Cardinale seduto resta la figura più replicata e famosa della serie. Nel 1939 inizia a produrre una serie di bassorilievi in bronzo (stiacciato fiorentino), le Deposizioni e le Crocifissioni per la serie Cristo nella nostra umanità, in cui il tema sacro della morte di Gesù Cristo viene usato per simboleggiare prima la brutalità del regime fascista e poi gli orrori della guerra. L’esposizione delle opere, tenutasi a Milano nel 1942, verrà severamente criticata dalle autorità politiche ed ecclesiastiche. Nel frattempo, nel 1940, Manzù ottiene la cattedra di scultura dell’Accademia di Belle Arti di Brera che lascerà per dissensi con le autorità accademiche sul programma di studi per spostarsi a insegnare scultura dell’Accademia Albertina di Torino. Lascerà quindi la città con l’imperversare della guerra rifugiandosi a Clusone. Il suo nudo Francesca Blanc vince il premio della Quadriennale di Roma del 1943. Nel dopoguerra torna ad insegnare all’Accademia di Brera fino al 1954 e quindi alla Sommerakademie di Salisburgo fino al 1960 dove fa conoscenza di Inge Schabel, che diventerà la sua compagna di vita e con cui avrà due figli, Giulia e Mileto. Lei e la sorella Sonja diventano le modelle di tutti i suoi ritratti e in quel periodo inizia a lavorare alla realizzazione della Porta della Morte per la Basilica di San Pietro in Vaticano (compiuta nel 1964). La porta vaticana, che impegna l’artista dal 1947 al 1964, diviene l’epicentro di una poetica che, nel dialogare con la tradizione, ne rifiuta gli aspetti più strettamente accademici. Verso la fine degli anni Cinquanta, nasce la collaborazione con la fonderia MAF di Milano con cui può creare un maggior numero di sculture e quindi ampliare in forme monumentali le proprie creazioni che vengono impostate, nel 1956, sul nuovo tema della Madre con bambino; realizza inoltre la Porta dell’Amore per il Duomo di Salisburgo (1955-1958). Nel 1962 partecipa, insieme ai più importanti scultori internazionali del periodo, alla mostra Sculture nella città organizzata da Giovanni Carandente nell’ambito del V Festival dei Due Mondi a Spoleto, presentando tre sculture in bronzo: Pattinatrice del 1958, Cardinale del 1959 e La grande chiave del 1959. Nel 1964 Manzù va a vivere in una villa vicino Ardea (Roma), nella località di Campo del Fico nella frazione di Casalazzara adiacente all’antica rocca di Ardea, ma nel comune di Aprilia. La località fra Ardea e Aprilia è oggi stata ribattezzata Colle Manzù e anche il comune di Aprilia ha dedicato a Manzù la propria biblioteca comunale e la sala conferenze. Realizza la Porta della Pace e della Guerra per la chiesa di Saint Laurens a Rotterdam (1965-1968) e, dopo circa dieci anni di bassorilievi, torna all’opera a figura intera realizzando in bronzo figure femminili che vanno dai ritratti della moglie a temi più o meno scopertamente erotici come l’Artista con la modella (rilievo), gli Amanti e lo Strip-tease. Nel 1965 si completa l’acquisto del terreno dove sarà edificato il Museo Amici di Manzù in Ardea, alla confluenza di due corsi d’acqua: Fosso di sant’Antonio che si getta nell’Incastro, un corso d’acqua leggendario presente nell’Eneide e nella storia di Roma, menzionato nell’Assedio di Ardea da parte di Tarquinio il Superbo. Nel 1969 si ha l’inaugurazione del Museo Amici di Manzù di Ardea. Lo stesso anno muore il figlio designer Pio. Nei tardi anni sessanta diventa scenografo, allestendo costumi e scene per Igor Stravinskij (per il suo Edipo Re del 1964), Goffredo Petrassi, Claude Debussy, Richard Wagner e Giuseppe Verdi. Nel 1968 Curtis Bill Pepper scrive su di lui il libro An Artist And the Pope; il Papa menzionato nel titolo è Papa Giovanni XXIII, suo conterraneo ed amico personale; il libro viene tradotto in italiano, tedesco, spagnolo e francese. La fama dello scultore giunge intanto in Giappone, dove nel 1973 si è tenuta una mostra personale presso il Museo di Arte Moderna di Tokyo. È suo il Monumento al partigiano sito a Bergamo, inaugurato nel 1977. Sempre a Bergamo numerose sue opere sono raccolte alla Galleria d’Arte Moderna e Contemporanea. Nel 1979 Manzù dona le sue opere allo Stato Italiano. Nel 1989, a New York, viene inaugurata di fronte alla sede dell’ONU l’ultima sua grande realizzazione, una scultura in bronzo alta 6 metri. Nel 2007 un gruppo di 6 sculture viene esposto, “en plein air”, ad Orta S. Giulio, in provincia di Novara.