Lavorava a stretto contatto con i bambini e non si limitava solo ad avvisare le maestre o a sorvegliare gli spazi scolastici. No, lui, un bidello, sorvegliava sì, ma le sue ‘prede’, quei bimbi che avvicinava con una scusa, che raggirava con piccoli regali e che poi, una volta soli, molestava. Era già stato condannato in passato, prima nel 1991, poi nel 2005, e i giudici erano stati chiari: non avrebbe più dovuto lavorare a contatto con i minori. Eppure, nonostante quella decisione, che non sembrava possibile smuovere, era stato assunto di nuovo, questa volta in una scuola elementare del centro di Roma. E non era certo cambiato: gli atteggiamenti erano gli stessi, il modus operandi pure. E anche qui, nella Capitale, ha abusato di un bimbo.
Il Miur condannato per il bidello pedofilo a Roma
Il Miur, all’epoca, era stato condannato: doveva risarcire la famiglia del bambino con 228.257,03 euro per quelle ‘condotte illecite di violenza sessuale poste in essere da un collaboratore scolastico nei confronti di un alunno. “Dalle indagini – spiega la Corte dei Conti – sono emerse le responsabilità delle strutture amministrative del Ministero connesse all’inserimento nelle graduatorie ATA di un lavoratore, nei confronti del quale era già instaurato un procedimento disciplinare per pregressi atti di pedofilia e già condannato, più volte in sede penale”. Era già stato condannato, aveva già abusato dei bambini, eppure era stato di nuovo assunto. E sempre per lavorare in una scuola. “È stato convenuto in giudizio, oltre all’autore del reato, anche il Dirigente dell’Ufficio scolastico regionale, che aveva firmato la graduatoria ATA nella quale era stato inserito il dipendente in questione” – prosegue la Corte dei Conti. E il danno contestato è di oltre 220 mila euro. Da una parte l’imputato, il bidello pedofilo, dall’altra l’allora dirigente dell’Ufficio scolastico regionale nel Lazio: lui aveva tutte le carte in mano, poteva risalire al passato dell’uomo e poteva impedire la sua nuova assunzione. Ma non lo ha fatto.
Gli abusi nella scuola e i precedenti
Il bidello, che aveva già diversi precedenti ed era stato condannato in passato per reati di pedofilia, commessi in servizio, ha cambiato città. E ha cambiato scuola. Ma non i suoi atteggiamenti. E anche a Roma, per la seconda volta, ha avvicinato un bambino, ha iniziato a ‘corteggiarlo’ con dei regali e ha conquistato la sua fiducia. Poi lo ha invitato a seguirlo in bagno e lì, quando erano soli, lo ha molestato. E lo ha fatto più volte. Ad accorgersi che qualcosa non andava la madre del piccolo: il figlio era strano, diverso dal solito. Un motivo c’era: quel bidello, quell’uomo di cui lui si fidava, lo aveva violentato. Il fatto risale al 2014, anno nel quale il collaboratore scolastico è stato condannato a 6 anni di reclusione e all’interdizione in perpetuo ‘da ogni ufficio o servizio in istituzioni frequentate da minori’. Non è, purtroppo, un episodio isolato.
Già nel 1991 l’uomo aveva patteggiato una condanna a un anno e 9 mesi di reclusione, con pena sospesa, sempre per violenza sessuale avvenuta a scuola. E sempre a scuola ha continuato a lavorare quando il Tribunale di sorveglianza di Napoli gli aveva concesso la riabilitazione. Nel 2005, infatti, il collaboratore scolastico ha abusato di una ragazzina, che frequentava un istituto secondario di primo grado e in quel caso era stato condannato a 2 anni, 2 mesi e 20 giorni di reclusione, oltre all’interdizione perpetua da qualsiasi incarico presso le scuole. Eppure, ha continuato a lavorare e nel 2014 è stato condannato. Ancora una volta.
Chi doveva sorvegliare?
Nonostante quel divieto di lavorare nelle scuole, lui ha continuato a prestare servizio come collaboratore scolastico, sempre a contatto con gli alunni. Ora, però, la domanda sorge spontanea: chi doveva sorvegliare? E perché è stato permesso all’uomo, che già in passato aveva violentato dei bambini, a lavorare negli istituti scolastici? La responsabilità è sì del bidello, ma anche, come nella nota della Corte dei Conti dell’Ufficio scolastico regionale. Quello che ha ‘inserito nelle graduatorie il lavoratore nonostante un procedimento disciplinare per pedofilia’. E che, di fatti, ha permesso all’uomo di lavorare perché considerato ‘idoneo’ per l’assunzione. Quando, in effetti, idoneo non era: lui che già aveva violentato più bambini, che aveva diversi precedenti alle spalle. E che non doveva più avere a che fare con i ragazzini nelle scuole, lì dove gli studenti dovrebbero sentirsi al sicuro. E non in trappola, nelle mani di un ‘orco’.
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