Ben 24 milioni di persone – oltre un terzo del totale – vive in una zona definita a rischio sismico 1, il maggiore. La zona che comprende l’Appennino dalla Toscana a sud e parte della Sicilia.
In Italia si divide in 4 categorie differenti per livello di rischio sismico:
Zona 1: sismicità alta
Zona 2: sismicità media
Zona 3: sismicità bassa
Zona 4: sismicità molto bassa
Andiamo per ordine. Lombardia (zona sismica 3) sono 57 i Comuni inseriti nella zona “ad alto rischio” terremoti, tutti tra le province di Brescia e Mantova.
La Valle d’Aosta (zona sismica 3) nella mappa più recente del Servizio sismico nazionale, figura tra le zone meno a rischio del territorio italiano tranne la parte riguardante il Monte Bianco e il Cervino che sono classificate a rischio minimo. Nella precedente mappa la Valle era considerata totalmente non a rischio, anche il Trentino Alto Adige (zona sismica 3) è poco interessata da questo tipo di fenomeno anche a livello storico.
Il Piemonte risulta essere una delle regioni meno a rischio d’Italia. Sono infatti 797 i Comuni classificati come Zona 4: rischio molto basso. I Comuni in provincia di Torino risultano quelli un po’ più a rischio essendo catalogati come Zona 3.
In Liguria la stragrande maggioranza dei comuni risulta essere zona 3: sismicità bassa. Genova e Provincia (tranne qualche eccezione) sono classificate addirittura come zone 4. Da segnalare come i Comuni delle province di Imperia e La Spezia risultino in gran parte a sismicità media (2).
In Toscana (zona sismica 2) 650 edifici pubblici a rischio sismico su un totale di 287 Comuni. Sono 92 i Comuni ad alto rischio sismico, 164 a rischio medio, e solo 24 sono a basso rischio.
Il territorio della Regione Emilia-Romagna (zona sismica 2) è interessato da una rilevante sismicità, prevalentemente distribuita lungo la catena appenninica, al confine con le Marche e la Toscana. Tuttavia anche alcune aree della pianura sono sede di attività sismica, più modesta come energia liberata, ma piuttosto frequente”.
In Veneto il territorio più al “riparo” dai terremoti è la pianura alluvionale, che sarebbe la parte meridionale veneta che risulta essere zona sismica 4, al contrario invece la parte confinante con Friuli e Trentino Alto Adige è zona sismica 2.
Il Lazio possiede la stragrande maggioranza dei comuni a zona sismica 1, la fascia che comprende la provincia di Roma e tutti i Castelli romani rientrano in zona sismica 2, la fascia maggiormente interessata è la Provincia di Rieti e la Provincia di Viterbo con la maggior parte dei comuni a massimo rischio sismico, tutti i comuni in Provincia di Latina risultano tutti a rischio sismico 2.
A causa della formazione della catena appenninica l’Abruzzo (zona sismica 1) è tra le regioni più esposte ai terremoti; la città di L’Aquila, a partire dal 1300 è stata colpita da terremoti distruttivi più volte e in epoche diverse: si ricordano i terremoti del 1315, 1349, 1461, 1703, 1762 ed il recente terremoto del 2009. Alle ore 3.32 del 6 aprile 2009 un sisma di magnitudo Mw=6.3 ha devastato il centro storico della città di L’Aquila, decine di paesi e provocato 308 vittime.
In Campania (zona sismica 1) 4608 scuole, 259 ospedali e 865.778 fabbricati, pubblici e privati, si trovano in zone a elevato rischio sismico. A fornire i dati è l’ordine dei geologi. 40.528 persone abitano “in zone a pericolosità molto elevata ed elevata da frana e a pericolosità media di alluvione”. Nella sola Napoli sono 45.943.
La Puglia è caratterizzata dalla presenza di tutti i 4 gradi di sismicità. Si passa dalla zona più a rischio del Subappennino Dauno alla zona 2 che riguarda il Gargano e il resto della Provincia di Foggia. Le province di Bari e Taranto sono nella quasi loro totalità considerate di grado sismico 3. Il Salento è la zona più sicura essendo classificato nell’ultimo grado sismico, il quarto. Friuli, Umbria, Abruzzo, Molise, Marche, Basilicata, Calabria e Sicilia (zona sismica 1) le regioni che contengono le porzioni più ampie di zone ad alta criticità, regioni storicamente colpite da eventi disastrosi come il terremoto di Gemona del 1976, quello della Marsica del 1915, quello dell’Irpinia del 1980, quello del Belice del 1968, quello di Reggio e Messina del 1908. Da sottolineare che in queste regioni vivano ancora molte persone nei paesini di montagna in strutture chiaramente antiche e fragilissime ad elevato rischio sismico. Per non parlare degli edifici pubblici costruiti quasi tutti prima del 1974 (anno in cui entrato in vigore la legge antisismica).
La Sardegna è da sempre considerata una terra a rischio sismico nullo. Un’affermazione che, in parte, risulta essere veritiera. Se, infatti, l’intera penisola italiana si trova sulla linea di contatto tra la placca africana e la placca euroasiatica, la Sardegna risulta esserne esclusa.
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