Per la morte di Fabio Palotti, l’operaio 39enne morto mentre stava riparando un ascensore all’interno degli uffici del Ministero degli Affari esteri e della Cooperazione Internazionale, c’è un presunto colpevole. O quanto meno un responsabile.
Questo è quanto emerge dalle indagini effettuate dai Carabinieri della Stazione Roma Ponte Milvio con il personale della Sezione di P.G. – Ispettorato Igiene e Lavoro della Procura della Repubblica di Roma.
Proprio nelle ultime ore, infatti, gli operatori hanno eseguito un’ordinanza che dispone il divieto di esercitare uffici direttivi delle persone giuridiche e delle imprese per 6 mesi nei confronti dell’amministratore unico della ditta incaricata, in regime di subappalto, della manutenzione degli ascensori all’interno del Ministero degli Affari esteri e della Cooperazione Internazionale.
Violate le norme di prevenzione infortuni
Il destinatario della misura interdittiva è gravemente indiziato del delitto di omicidio colposo ai danni del giovane operaio intervenuto per la manutenzione dell’ascensore. Delitto che sarebbe stato commesso con l’aggravante di aver violato anche le norme di settore nell’ambito della prevenzione degli infortuni sul lavoro.
Le indagini hanno avuto inizio il 28 aprile scorso, proprio a seguito del rinvenimento nella sede del dicastero, nel vano ascensore, del cadavere di un uomo che aveva perso la vita a seguito di un intervento di manutenzione di un impianto ascensore installato nell’ala uffici del palazzo
Cosa è stato scoperto
Nello specifico, gli inquirenti e gli investigatori hanno accertato che, dopo aver aperto le porte con la chiave in dotazione ai manutentori ed aver fermato la cabina all’altezza utile per l’intervento da effettuare, il manutentore non aveva inserito la leva di blocco dell’ascensore sulla posizione “ispezione”, utile per evitare infortuni durante le manovre.
Di conseguenza, l’ascensore si è messo in funzione proprio mentre l’operaio sul posto si trovava sul tetto. L’uomo sarebbe, in tal modo, rimasto incastrato tra la cabina e la parete del vano corsa, prima di precipitare nella fossa.
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L’operaio non era specializzato nella mansione
Da qui è partita l’indagine che ha permesso successivamente di accumulare una serie di gravi indizi in merito alla cattiva condotta del datore di lavoro in materia di sicurezza sul lavoro.
Di fatto, il datore in questione avrebbe affidato le mansioni ”manutentore ascensori e montacarichi” ad un dipendente specializzato solamente per il servizio di presidio tecnologico.
In altre parole, l’operaio era privo dei requisiti tecnici/professionali e non adeguatamente formato e addestrato per la specifica attività di intervento e manutenzione cui di fatto era stato delegato.
Nessuna valutazione dei rischi, nessuna prevenzione
Ma non è tutto. Oltre a ciò, le indagini hanno accertato la mancata predisposizione, nell’ambito del documento di valutazione dei rischi, di manutenzione e installazione degli elevatori. E in aggiunta, la mancata adozione di un idoneo piano operativo di sicurezza, in riferimento al singolo cantiere interessato.
Insomma: niente formazione specifica dell’operaio e nessuna predisposizione delle norme sulla sicurezza o di un piano specifico per l’intervento.
Ulteriori indizi, poi, dimostrerebbero chiaramente anche che il dipendente in questione non era stato sottoposto alla prescritta sorveglianza sanitaria periodica in quanto il pregresso certificato di idoneità specifico alla mansione era scaduto il 10.02.2020.
In sintesi: il deceduto avrebbe operato in assenza di qualsiasi riferimento e consapevolezza dei rischi connessi all’attività lavorativa di ascensorista svolta alle dipendenze della ditta appaltatrice. Dunque, l’evento mortale occorso rappresenta, secondo la ricostruzione del giudice delle indagini preliminari, la concretizzazione del rischio che le norme cautelari violate miravano ad evitare.
Rischio che succeda di nuovo
Il giudice per le indagini preliminari ha evidenziato il concreto ed attuale il pericolo di reiterazione da parte dell’indagato di delitti della stessa specie, in particolare il pericolo che si verifichino ulteriori infortuni anche con esito mortale ai danni dei dipendenti della ditta nello svolgimento delle mansioni di ascensoristi.
Inquinamento probatorio dell’indagato
La possibilità che accada di nuovo in seno alla stessa ditta è resa ancora più plausibile dall’aggiunta dell’inquinamento probatorio, anche questo ravvisato da giudice. Infatti, l’indagato aveva in un primo momento presentato una copia di un certificato di abilitazione alla manutenzione di impianti ascensori o montacarichi, risultato obiettivamente “falso”, perché mai rilasciato dalla Prefettura competente.
L’esito dell’indagine
Il provvedimento finale emesso è frutto di un’azione efficace della Procura di Roma, svolta di concerto con l’Arma dei Carabinieri, che ha consentito di accertare e ricostruire le gravi condotte omissive e di violazione della normativa a tutela dei lavoratori, negligenze e superficialità che comportano incidenti mortali e/o gravissimi nel Comune di Roma, così come in tutto il nostro Paese, in cui l’indice di mortalità sul lavoro è altissimo.